Negli ultimi 30 anni sono stati scoperti più di 5000 pianeti extrasolari. Di essi ne esistono diversi tipi. Da quelli simili alla Terra, ai giganti gassosi come Giove e Saturno e altri giganti gassosi che sono più vicini alla loro stella madre di quanto Mercurio lo sia al Sole, ai giganti ghiacciati come Urano e Nettuno.
Ne esistono tuttavia alcuni che non hanno un analogo nel Sistema solare. Per esempio, i mondi oceanici, interamente coperti di acqua, le super-Terre, come il nostro pianeta ma con masse fino a dieci volte superiori. Esistono persino mondi di lava, enormi esopianeti che ospitano cieli scintillanti e mari vulcanici in tempesta chiamati oceani di magma. Quasi il 50% di tutti gli esopianeti rocciosi scoperti sono in grado di mantenere il magma fuso sulla loro superficie. Questo è una diretta conseguenza del fatto che questi pianeti sono così vicini alle loro stelle ospiti da orbitargli attorno in meno di 10 giorni. Essere così vicini fa sì che il pianeta sia bombardato da condizioni meteorologiche avverse e abbia temperature superficiali proibitive, rendendolo quasi completamente inospitale per la vita come la conosciamo oggi.
Questi mondi possono avere delle loro atmosfere che, potenzialmente potrebbero essere rilevabili dal telescopio spaziale James Webb. Tuttavia, per capire come, sono stati sviluppati dei modelli per fornire una guida per gli astronomi nella loro ricerca.
Sebbene si sappia ancora molto poco di questi mondi lontani, è tuttavia possibile stimarne alcune caratteristiche indirettamente attraverso la misura della loro massa, del raggio e della distanza dalla stella madre. Tuttavia, per avere informazioni più dettagliate sulle loro atmosfere, gli astronomi usano la spettroscopia, grazie alla quale misurano la luce della stella madre che filtra attraverso l’atmosfera dell’esopianeta e poi ha viaggia in direzione della Terra. In questo modo, le molecole e gli atomi presenti in un’atmosfera una parte dello spettro della stella, creando un’impronta digitale unica per ogni esopianeta con la quale è possibile predire quali sostanze contiene.
Detto così sembra semplice, ma ricavare le proprietà dalle osservazioni spettroscopiche non è facile. Ecco perché sono necessari i modelli matematici, per identificare a priori quello che ci si aspetta di trovare. Nei mondi di lava, i gas ricchi di silicati possono evaporare dagli oceani incandescenti per formare un’atmosfera sottile e tenue. I maggiori cambiamenti chimici nell’atmosfera di questi pianeti potrebbero avvenire in direzione verticale, dall’alto verso il basso, e non in orizzontale e grazie ai modelli unidimensionali più veloci e flessibili è possibile indagare su molte diverse e possibili composizioni atmosferiche.
E la superficie dei pianeti di lava?
Un nuovo studio ha mostrato come i vasti oceani fusi di lava che caratterizzano la superficie di questi pianeti influenzano notevolmente le proprietà globali dei pianeti stessi, spesso delle super-Terre rocciose calde, in particolare le loro dimensioni e il loro percorso evolutivo.
A causa della natura estremamente comprimibile della lava, gli oceani di magma possono far sì che i pianeti ricchi di lava senza atmosfere siano un po’ più densi rispetto ai pianeti solidi di dimensioni simili e questo ha ripercussioni sulla struttura dei loro mantelli.
In effetti, i mondi di lava sono corpi molto strani. Un tipico esempio è il pianeta fiammeggiante, 55 Cancri e, posto a circa 41 anni luce di distanza da noi. Su questo pianeta sciabordano roventi mari di lava sotto un cielo infuocato.
Il Sistema solare non ha analoghi di questi pianeti, ma ci sono oggetti, come la luna di Giove Io, che sono vulcanicamente molto attivi.
Ancora non si hanno informazioni precise sulla composizione degli oceani di lava e come essa contribuisca all’evoluzione dei pianeti, ad esempio per quanto tempo rimangano fusi e per quali ragioni alla fine si raffreddino. Tuttavia, quel poco che sappiano ci dà una idea di ciò che potrebbe essere accaduto nell’evoluzione di quasi tutti i pianeti terrestri.
Per capire meglio questo concetto, i ricercatori hanno simulato diversi scenari evolutivi di un pianeta simile alla Terra con temperature superficiali comprese tra 2600 e 3860 gradi Fahrenheit, che è il punto in cui il mantello solido del pianeta si trasformerebbe in liquido.
Grazie a questo studio è stato possibile capire che i mantelli dei pianeti oceanici di magma possono assumere una delle tre forme: la prima in cui l’intero mantello è completamente fuso, la seconda in cui un oceano di magma giace sulla superficie e un terzo modello a sandwich che consiste in un oceano di magma in superficie con uno strato di roccia solida nel mezzo e un altro strato di magma fuso che si trova più vicino al nucleo del pianeta.
Per esempio, un pianeta di magma 4 volte più massiccio della Terra può intrappolare più di 130 volte la massa d’acqua rispetto agli oceani della Terra di oggi e circa 1000 volte la quantità di carbonio attualmente presente nella superficie e nella crosta del pianeta.