Una vita caldissima e acida: è possibile?

ORGANISMI ESTREMI RIESCONO A VIVERE IN CONDIZIONI APPARENTEMENTE IMPOSSIBILI

Amebe (le macchie grigie circolari sullo sfondo) e alghe rosse (i quattro ovali bianchi in primo piano), fotografate da Hannah Rappaport al microscopio ottico.

Sulla Terra ci sono circa 8,7 milioni di specie eucariote, organismi le cui cellule contengono un nucleo e altri organelli legati alla membrana cellulare. Oltre agli animali e alle piante familiari, essi rappresentano altri quattro principali gruppi, compresi i microrganismi eucarioti unicellulari, noti come protisti. Questi esserini ci possono fornire preziose informazioni sui processi evolutivi che hanno modellato la diversità e la complessità della vita eucariotica e che hanno portato a innovazioni come la multicellularità, che ha reso possibile la vita animale sul pianeta.

La vita si potrebbe essere sviluppata parallelamente alla Terra, anche su altri pianeti e studiare come la vita lo abbia fatto sul nostro pianeta, permette di aiutare a capire se e come potrebbe essere accaduto al di fuori di essa.

Ad oggi ci sono ancora molte domande su come gli eucarioti microbici si siano adattati agli ambienti estremi del pianeta. Ad esse sta cercando di rispondere un gruppo guidato da Angela Oliverio, assistente professore di biologia, recentemente tornata dal Lassen Volcanic National Park in California, sede del più grande lago geotermico degli Stati Uniti.

Il lago all’interno di questo parco è una piscina riscaldata dal calore naturale della Terra e dai vapori di acido-solfato, che permette all’acqua di raggiungere i 52°C e un’acidità di 2 sulla scala del pH. Qui vivono organismi, chiamati poliestremofili, che si sono adattati per resistere a due o più condizioni estreme: in questo caso alta temperatura e basso pH.

Lo studio condotto da Angela Oliverio e Hannah Rappaport, un ricercatore nel laboratorio di Oliverio, ha permesso di costruire un database di ricerche precedenti effettuate per cercare la vita eucariotica microbica in ambienti estremi, analizzando, in particolare, quali lignaggi eucariotici sono stati rilevati più volte da diversi studi in condizioni ambientali simili.

Per esempio, è stato scoperto che diversi lignaggi di amebe sono stati spesso recuperati da ambienti ad altissima temperatura e questo suggerisce che lo studio dei lignaggi può aumentare la comprensione di come le cellule eucariotiche possano adattarsi alla vita in ambienti estremamente caldi.

Ci potrebbe essere, in effetti, qualcosa di speciale nella forma ameboide che consente la persistenza in questi lignaggi eucariotici in ambienti molto caldi, anche se il meccanismo rimane sconosciuto.

Si ipotizza che il trasferimento genico orizzontale dai batteri, ovvero il movimento di informazioni genetiche tra organismi, e la riduzione del genoma, ovvero quando un genoma elimina geni di cui non ha bisogno, insieme all’espansione di famiglie di geni particolarmente utili, possono essere stati alcuni dei modi in cui i protisti hanno acquisito la capacità di sopravvivere in ambienti estremi.

Sebbene rimangano molte incognite su come gli eucarioti si adattino per esistere in ambienti estremi, questa ricerca aiuterà a colmare alcune delle attuali lacune di conoscenza.

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