Alcune lenti gravitazionali sono migliori di altre

Uno studio rivela interessanti discrepanze tra attese e osservazioni

L'ammasso di galassie Abel 370 distante 4 miliardi di anni luce. È visibile un incredibile assortimento di galassie e immagini prodotte dall'effetto lente gravitazionale su un ammasso retrostante più lontano. (NASA, ESA, and J. Lotz and the HFF Team)

Gli ammassi di galassie sono le più grandi strutture legate gravitazionalmente nell’Universo. Essi occupano i nodi della rete cosmica e sono al centro di più ampie strutture di materia oscura, secondo il modello cosmologico ampiamente accettato. Le loro storie di fusione ed evoluzione modellano le proprietà della loro distribuzione di massa, maggiormente concentrata nel loro centro.

Gli ammassi come telescopi cosmici

Gli ammassi di galassie sono così massicci da poter agire da lenti gravitazionali, amplificando, curvando e distorcendo in archi e cerchi la luce di sorgenti presenti sullo sfondo. Tali effetti si osservano principalmente nelle loro regioni centrali ad alta densità. Le osservazioni hanno mostrato che il fenomeno dello strong lensing (forte lente), cioè quando gli effetti di distorsione sono maggiormente evidenti, avviene sopra una certa soglia caratteristica di densità.

L’illustrazione mostra come avviene il fenomeno della lente gravitazionale. La luce proveniente da una sorgente lontana viene curvata e distorta dalla massa di un ammasso di galassie posto a distanza più vicina. (NASA, ESA & L. Calçada)

Gli ammassi di galassie con strong lensing possono quindi svolgere un ruolo chiave nella nostra comprensione dell’Universo, dalla mappatura della distribuzione della materia, allo studio delle prime galassie. Sfruttando la capacità degli ammassi di amplificare e ingrandire l’universo di sfondo, la ricerca di galassie ad alto spostamento verso il rosso è diventata d’interesse particolare negli ultimi anni. È l’obiettivo scientifico principale di progetti come Hubble Frontier Fields (HFF) e Reionization Lensing Cluster Survey (RELICS) e di particolare interesse nella preparazione dello James Webb Space Telescope. È quindi importante saper identificare i potenziali ammassi deputati a fungere da lente di quelli che sono i migliori telescopi cosmici.  

Capire come funzionano tali lenti

Le indagini per identificare, catalogare e studiare gli ammassi più promettenti come telescopi cosmici, utilizzano due principali criteri: selezionati con lenti e senza. I primi sono quelli che esibiscono il fenomeno in dati relativamente poco profondi, di solito sotto forma di archi giganti luminosi molto ingranditi. Il secondo criterio consiste nell’esaminare i dati profondi o ad alta risoluzione degli ammassi selezionati in base alla massa totale elevata, come indicato da osservazioni ottiche, nei raggi X o radio.

Il confronto tra osservazioni e modelli cosmologici tuttavia rivela che vediamo molte più galassie distorte in archi di quanto previsto. Questo suggerisce che non comprendiamo ancora appieno le connessioni tra le proprietà di un ammasso di galassie, la sua capacità di osservare oggetti distanti e la cosmologia.

Alcuni degli ammassi analizzati nello studio. Gli ammassi di galassie sono ordinati da sinistra a destra e dall’alto verso il basso in base alla pendenza, dal più piatto al più ripido. (Tratto da Carter Fox et al 2022 ApJ 928 87)

Un nuovo studio, con primo autore Carter Fox (Università del Michigan), ha indagato un campione di 110 ammassi di galassie in 74 campi dei programmi HFF, RELICS e Sloan Giant Arcs Survey (SGAS) per comprendere la connessione tra le proprietà di un ammasso e la sua forza di lente. Fox e colleghi hanno identificato proprietà correlate alla forza di lente dell’ammasso, come la quantità di massa concentrata vicino alla galassia più luminosa, di norma al suo centro.

Come indicatore della forza della lente, il gruppo ha considerato un ingrandimento da moderato ad alto fornito dall’ammasso, il che facilita la ricerca di galassie ingrandite ad alto spostamento verso il rosso. La forza della lente normalizzata con la massa su larga scala, è stata confrontata con la massa proiettata nel nucleo interno, il profilo di densità di massa proiettata, l’area di Einstein effettiva e la distanza tra l’arco luminoso più lontano rilevato nel campo.

Non è solo questione di massa

Sorprendentemente, una grande massa su larga scala non garantisce una lente forte benché ci sia un’indubbia correlazione. Le lenti deboli sono infatti osservabili nell’intera gamma del campione. Come previsto, lo strong lensing sembra invece associato alla concentrazione della massa. Una buona indicazione di potenziale forte lente è invece nella pendenza interna del profilo densità dell’ammasso. I profili più piatti offrono tuttavia un’ampia gamma di punti forza dell’obiettivo, mentre la forza della lente massima osservata diminuisce per i profili più ripidi. In altri termini, una pendenza moderata sembra funzionare meglio di una più ripida per l’uso come lenti di un telescopio cosmico. Nessun ammasso con profilo ripido esibisce fenomeni di strong lensing. L’indicatore della forza della lente ha un’alta probabilità di correlazione con l’area di Einstein effettiva dell’ammasso. Anche gli ammassi con breve distanza tra il baricentro dell’ammasso e l’arco luminoso più lontano presentano un’ampia gamma di forza della lente.

Anche limiti alla cosmologia

Massimizzare la forza della lente offre più opportunità di trovare candidati con un elevato spostamento verso il rosso con cui ricavare informazioni sull’universo primordiale. Inoltre, l’assenza di ammassi con un profilo ripido e un’elevata forza di lente potrebbe aiutare a limitare la cosmologia. I risultati dello studio sosterrebbero cosmologie che non producono ammassi con profili interni ripidi ed elevate forze di lensing all’età attuale dell’universo. Uno studio futuro potrebbe valutare come appare la relazione forza del lensing-pendenza interna nelle simulazioni per diverse cosmologie e come la relazione cambia con l’invecchiamento dell’Universo.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.