Il direct imaging per scoprire gli esopianeti

le difficoltà di una tecnica che consente di caratterizzare le atmosfere aliene

L'album fotografico degli esopianeti scoperti finora con la tecnica del direct imaging

Esistono diversi modi per cercare gli esopianeti. Per fare un po’ di chiarezza, Michael Perryman, nel 2000, ha creato quello che oggi viene chiamato “l’albero di Perryman”, dove sono mostrate tutte le tecniche che vengono usate per scovare mondi alieni.

Le tecniche più utilizzate sono la velocità radiale, l’imaging diretto e il metodo dei transiti. Tuttavia, tra queste e per ora, solo due di esse (imaging diretto e transiti) possono essere utilizzate per sondare l’atmosfera di un pianeta.

In particolare, l’imaging diretto può fornire informazioni su masse, raggi (dai dati di luminosità e temperatura), temperatura e composizione chimica dagli spettri e dalla polarizzazione.

La rilevazione diretta di un pianeta è ancora molto impegnativa a causa del suo elevato rapporto di contrasto rispetto alla stella ospite, che varia fra valori di circa 1 milionesimo per un giovane Giove e 1 centomilionesimo per un Giove maturo osservato in emissione. Questo valore arriva anche a 1 miliardesimo per una super-Terra in luce riflessa.

Se dunque per i pianeti caldi, il flusso non dipende dalla separazione dalla stella ma solo dalla loro emissione intrinseca, per i pianeti freddi il flusso dipende totalmente dalla radiazione riflessa.

Per questo motivo, ad oggi, meno di 50 pianeti sono stati osservati con questa tecnica in modo fruttuoso.

Dal momento che gli esopianeti scoperti ad oggi con questa tecnica sono tutti giovani, (poiché sono più caldi, più luminose, e quindi più facili da rilevare) le loro atmosfere mostrano una bassa gravità, molte nuvole e processi chimici non in equilibrio.

Questo è il motivo per cui si cercano pianeti nell’infrarosso. Giove, ad esempio, in questa banda dello spettro, è soltanto 100 volte meno luminoso del Sole, rispetto al visibile, dove la nostra stella appare un miliardo di volte più luminosa.

Esistono poi degli strumenti da abbinare ai telescopi, chiamati coronografi, in grado di bloccare la luce della stella. Un po’ come quando si mette davanti agli occhi la mano in direzione del lampione e magicamente appaiono tutte le stelle visibili del cielo.

Comprendere come si formano ed evolvono i pianeti giganti e terrestri, qual è la loro struttura interna e quella della loro atmosfera, rappresenta infatti una delle maggiori sfide dell’astronomia moderna, che è direttamente collegata alla ricerca definitiva della vita.

Rappresentazione di tutti i metodi di rilevamento per la ricerca di pianeti extrasolari (Perryman, 2000)

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