Interferometri a caccia di materia oscura

ANCHE I RILEVATORI DI ONDE GRAVITAZIONALI POTREBBERO INDAGARE QUESTO MISTERO

Immagine artistica dell’Einstein Telescope, un rivelatore sotterraneo di onde gravitazionali di terza generazione, attualmente in fase di progetto. Crediti: Nikhef

Un team di fisici teorici indiani e statunitensi ha proposto un nuovo metodo per impiegare la scienza e i rilevatori delle onde gravitazionali anche per sondare la materia oscura, studiando gli effetti che questa ha sulle stelle di neutroni.

La materia oscura, interagendo con l’interno delle stelle di neutroni, ne farebbe collassare il nucleo in una sorta di mini buco nero, che finirebbe poi per inghiottire tutta la stella di neutroni originaria. Il risultato sarebbe la nascita di un buco nero di massa di poco superiore a quella della stella originaria.

La materia oscura è un componente fondamentale dell’Universo, con una massa cinque volte superiore a quella della materia ordinaria. Eppure, finora non è stato possibile rivelarla direttamente. Le conoscenze che ne abbiamo sono tutte di tipo indiretto, grazie agli effetti gravitazionali che la materia oscura ha sulla materia ordinaria. L’identità della materia oscura e la possibilità di “svelarla” sono tra gli obiettivi primari della ricerca nei campi della cosmologia e della fisica delle particelle.

Secondo Sulanya Bhattacharya, le particelle di materia oscura presenti in una galassia si accumulerebbero all’interno delle stelle di neutroni a causa delle loro interazioni di tipo non gravitazionale. Le particelle di materia oscura, pesanti e senza una controparte antiparticellare, formerebbero quindi un nucleo denso che collasserebbe in un piccolo buco nero.

Le teorie sull’evoluzione stellare prevedono che i buchi neri si formino quando le stelle di neutroni superano circa 2,5 volte la massa del Sole, ma in questo caso la materia oscura porterebbe a buchi neri di massa poco superiore a quella della stella di neutroni originaria, che tipicamente è di circa 1,4 masse solari.

Una suggestione allettante sull’esistenza di questi mini buchi neri arriva dal lavoro pionieristico di Hawking e Zeldovich degli anni 60, secondo cui i buchi neri di piccola massa potrebbero avere avuto un’origine primordiale, cioè essere stati creati da fluttuazioni di densità di grandi dimensioni nell’Universo primordiale.

Per parametri di materia oscura non ancora esclusi da altri esperimenti, i vecchi sistemi binari di stelle di neutroni nelle regioni dense della galassia dovrebbero essersi evoluti in sistemi binari di buchi neri. Se non si riscontreranno fusioni anomale di oggetti con massa minima, potremo allora avere a disposizione nuovi vincoli per la ricerca sulla materia oscura.

A caccia di mini buchi neri

Ma è possibile rilevare buchi neri di massa così piccola? Queste indagini potrebbero essere alla portata dei rivelatori di onde gravitazionali attualmente in funzione, come Ligo negli Usa, Virgo in Italia e Kagra in Giappone, ma soprattutto da quelli di prossima generazione, come l’Einstein Telescope.

Grazie alla misura e la modellizzazione del segnale gravitazionale prodotto da un sistema binario composto da due oggetti compatti (buchi neri o stelle di neutroni) in coalescenza, è possibile misurarne con precisione le masse. L’eventuale rivelamento di un sistema binario di buchi neri con masse inferiori al limite delle 2,5 masse solari costituirebbe la prova dell’esistenza dei buchi neri leggeri formatisi dall’interazione tra materia oscura e stelle di neutroni.

Considerando i continui progressi e gli sviluppi futuri previsti per gli attuali esperimenti sulle onde gravitazionali e tenendo conto della loro maggiore sensibilità e del tempo di osservazione, i ricercatori prevedono che risultati significativi in questa ricerca potrebbero arrivare entro i prossimi dieci anni.

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Direttore editoriale di Cosmo