4-7 maggio: arrivano le meteore Eta Aquaridi

SONO "FIGLIE" DELLA COMETA DI HALLEY

Per quanto possa sembrare strano a chi ha poca dimestichezza con l’osservazione del cielo, le statistiche dicono che la frequenza con la quale si vedono le meteore è – in media – una ogni 10 minuti.

Questa frequenza è maggiore nelle ore che precedono l’alba (quando osserviamo il cielo “a prua” del moto orbitale terrestre) e minore per quelle che seguono il tramonto (quando invece siamo “a poppa”). In linea di massima, un’ora e mezza dopo il tramonto del Sole si vede una meteora ogni 10-15 minuti e che un’ora e mezza prima del suo sorgere se ne vede una ogni 7-10 minuti.

Vi sono dei periodi dell’anno in cui la frequenza delle meteore è maggiore: quando si hanno le cosiddette “piogge” meteoriche.

Nel suo moto annuale intorno al Sole, la Terra attraversa l’orbita di alcuni corpi celesti che hanno disperso del loro materiale lungo il percorso. Attraversando queste zone, il nostro pianeta “raccoglie” queste particelle che, entrando nell’atmosfera terrestre ad alta velocità, si incendiano per attrito e per questo si manifestano come scie luminose. Un fenomeno analogo a quello per cui un’automobile, attraversando una zona piovosa, intercetta le gocce di pioggia.

Il periodo dell’anno più famoso di queste piogge è quello delle Perseidi, che si verifica, secondo la tradizione popolare, la notte di San Lorenzo (10 agosto). Ma questo non è certamente l’unico periodo dell’anno in cui si verifica una pioggia di stelle cadenti. Ve ne sono altri, che vengono ingiustamente ritenuti secondari rispetto a quello delle Perseidi.

Sotto questo profilo forse la maggiore “penalità” la subiscono le Geminidi, il cui solo torto è quello di presentarsi nelle fredde notti di dicembre. Un altro “torto”, anche se meno pesante, lo subiscono quelle il cui massimo si ha nelle notti dal 4 al 7 maggio. Si tratta della pioggia responsabile delle Eta Aquaridi, così denominate perché appaiono scaturire dalla regione celeste in cui è proiettata la stella Eta dell’Acquario, quella più orientale dell’asterismo a forma di “Y”, con al centro la stella Zeta.

Questa costellazione ospita diversi sciami meteorici; oltre a quello di cui parliamo, ci sono le Delta Aquaridi (nord e sud) in luglio e – nello stesso mese – le Iota Aquaridi, anche in questo caso nord e sud.

Lo sciame delle Eta Aquaridi, probabilmente il migliore della primavera, è associato alla cometa di Halley, essendo prodotto dalla dispersione di materia della celebre cometa lungo la sua orbita. In realtà, la Terra colpisce lo sciame di striscio; eppure l’incontro è sufficiente a produrre uno spettacolo degno di nota.

La cometa di Halley ripresa durante il passaggio del 1986.

Sembra che la prima registrazione di questo sciame risalga addirittura al 401 a.C., per merito degli astronomi cinesi. In seguito, esso è stato seguito un po’ da tutto il mondo, anche dai Maya.

Le prime meteore di questa pioggia appaiono già verso il 20-21 aprile, mentre le ultime sono visibili verso l’11-12 maggio. In genere, le prime sono deboli e visibili soprattutto con un binocolo a grande campo; nel periodo del massimo si vedono parecchie meteore di luminosità media, mentre i bolidi correlati si manifestano alla fine del periodo di visibilità.

Quando si parla di uno sciame meteorico, si indica la posizione del “radiante”, il punto del cielo dal quale le meteore appaiono scaturire, che in questo caso, nel periodo del massimo, è nella “brocca” dell’Acquario (alle coordinate AR 22h 30m e Dec. –2°). Più precisamente, passa da AR 21h 30m e Dec. –7° del 20 aprile ad AR 23h 20m e Dec. +5° il 20 maggio: con il trascorrere delle notti, il radiante tende a muoversi un po’ verso nord-est.

Oltre alla direzione, uno sciame è caratterizzato dall’intensità, cioè dal numero di meteore che mostra. Questo numero, indicato dalla sigla Zhr (Zenithal Hourly Rate, “tasso orario zenitale”), non è costante, ma varia di anno in anno. Nel caso delle Eta Aquaridi, lo Zhr può variare enormemente; da un minimo di 9 a un massimo di 85 all’ora. E in passato si sono registrate punte fino a 140.

Questi numeri si riferiscono a condizioni ottimali, ovvero posizione del radiante molto alta in cielo (condizione possibile solo a sud dell’Italia), aria molto trasparente e nessun disturbo da parte della Luna o luci artificiali. In condizioni medie, un osservatore riesce a scorgere solo un terzo delle meteore indicate dal Zhr, quindi una decina all’ora.

Queste meteore, scoperte ufficialmente nel 1870, sono molto veloci, in quanto entrano nell’atmosfera a ben 66 km al secondo, cioè quasi 240 mila km/h. Spesso si manifestano come scie sottili, solo a volte sono brillanti. In quest’ultimo caso, possono manifestare dei colori che vanno dal blu al rosso. Il blu è causato dal calcio e dal ferro. mentre del rosso possono essere responsabili l’ossigeno, il silicio e il calcio. Nella maggior parte dei casi, però, appaiono di tonalità gialla, colore imputabile alla presenza di ferro e sodio.

La maggior parte delle Eta Aquaridi dovrebbe essere brillante, di tonalità gialla, con tracce luminose. Ma dove bisogna guardare, e a che ora?

Purtroppo, questo radiante dista solo 70° dal Sole e quindi sorge non molto tempo prima dell’alba; questo rende le osservazioni piuttosto scomode. Ne consegue che occorre guardare in direzione sud-est e nelle ore che anticipano l’alba, mentre prima delle ore 3 del mattino il radiante sarebbe troppo basso, questo nelle notti comprese fra il 3 e il 4 maggio e nelle due seguenti.

La data più fruttuosa quest’anno, in cui è previsto il picco, è la notte tra il 5 e il 6 maggio, con il massimo alle ore 21, ma in presenza di un’ingombrante Luna quasi piena (proiettata nella costellazione della Vergine).

Queste meteore si possono anche fotografare in modo analogo a come si fotografano i fulmini o i fuochi artificiali; allo scopo, è sufficiente una fotocamera digitale compatta impostata su una posa di 15 o – meglio – 30 secondi (se è consentito dalla fotocamera). L’esperienza insegna che si hanno migliori risultati utilizzando una focale grandangolare, equivalente ai 30 mm per il formato 24×36 mm.

Con una reflex, poiché lo consente, conviene fare pose più lunghe, nell’ordine del minuto o dei due minuti. Questo non solo permette di fare meno pose, ma soprattutto diminuisce il rischio di perdere qualche meteora che potrebbe apparire tra una posa e l’altra.

Per registrare anche quelle più deboli conviene aprire l’obiettivo al massimo e impostare una sensibilità alta, ma non troppo per via della luce lunare. Considerando il “rumore” di fondo, la sensibilità ottimale dovrebbe essere quella di 400 ISO. Anche con questa però, dato il disturbo lunare, non dovrebbe essere vantaggioso eccedere il minuto di posa: ciò dipende fortemente dall’oscurità del cielo.

Conviene fare delle prove e verificare qual è il tempo di posa che dà i risultati migliori, cioè quello che mostra le stelle più deboli.  Il suggerimento di utilizzare tempi di posa brevi con l’obiettivo alla massima apertura è dato dal fatto che con le meteore il “tempo di posa” è dato dal perdurare della loro scia e non da quanto si tiene aperto l’otturatore, che al di là un certo limite inizia a registrare la luminosità del fondo cielo.

Conviene utilizzare un paraluce, sia per proteggere l’obiettivo da luci laterali che per prevenire la formazione di rugiada, non insolita nelle ore che precedono l’alba anche ai primi di maggio. Per esperienza, occorre fare parecchie di queste pose per avere la possibilità di immortalare almeno qualche meteora. È indispensabile poggiare la macchina su un supporto stabile, come un treppiedi o un muretto.

Una meteora dello sciame ripresa dal Wyoming (Usa) nel 2013

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