“Un gigante in ginocchio”. La visita dell’astronauta Paolo Nespoli ai ghiacciai del Monte Bianco.

La giornalista Paola Catapano racconta la visita di astronauti e scienziati al Mer de Glace, tra ricordi storici e l'allarme per lo scioglimento dei ghiacci

by Paola Catapano

« Il Monte Bianco è diventato purtroppo l’osservatorio perfetto degli sconvolgimenti climatici odierni”.

A quota 3842 msl, gli occhi esperti di Thierry Lebel, idroclimatologo dell’Università di Grenoble e Presidente del Consiglio Scientifico di Chamonix, non si lasciano impressionare dall’accecante bellezza di uno dei panorami più emblematici delle Alpi. Assieme al Premio Nobel giapponese Takaki Kajita (fisica, 2015, per le oscillazioni dei neutrini) e all’astronauta italiano Paolo Nespoli, siamo saliti in teleferica sull’ Aiguille du Midi, tappa obbligata del programma sociale della prestigiosa conferenza internazionale sui Raggi Cosmici ICRC 2025 e del suo evento pubblico STELLAR, al CERN di Ginevra, a meno di 90 km da qui. Dalla terrazza più alta si scorge tra in ghiacci sottostanti, oltre il Col du Midi, il leggendario rifugio dei “Cosmiques”. Inaugurato nel 1946 in presenza di Irène Joliot-Curie (figlia di Marie e Pierre), quando ancora non esisteva nemmeno una teleferica, l’antico rifugio di montagna è in un certo senso il precursore dei grandi acceleratori del CERN: proprio qui, il fisico francese Leprince-Ringuet osservò una particella 900 volte più “pesante” dell’elettrone nelle collisioni tra i raggi cosmici. Immersi in questo universo alpino, lo sguardo dei nostri ospiti si spinge tra le cime più alte delle Alpi francesi, svizzere e italiane, che si accavallano a perdita di vista, mentre ci sembra di poter toccare con un dito il punto culminante dell’Europa occidentale, il gigantesco Monte Bianco.

I ghiacciai e le pareti vertiginose sotto i nostri piedi, per quanto visibilmente in ritiro per chi, come me, questo posto lo visita regolarmente, danno ancora una sensazione di grandiosità e immensità, soprattutto in una bella giornata di sole come questa. Eppure, come ci spiega Thierry, il massiccio del Monte Bianco (4810 metri slm), unico al mondo perché i suoi ghiacciai scorrono fino alla “bassa” quota di 1427 metri slm, è “un gigante in ginocchio”. Dalla fine degli anni sessanta, la perdita di superficie ghiacciata dal lato francese è del 25%.

L’emblematico ghiacciaio della “Mer de Glace”, un vero e proprio mare di ghiaccio, si è ritirato di 400 metri negli ultimi venti anni, con una perdita in accelerazione. Questa perdita di superficie va di pari passo con la perdita di spessore, che per la Mer de Glace è stata di 50 metri nello stesso periodo. Le previsioni, in uno scenario ottimistico di emissioni di gas serra, proiettano la scomparsa del 90% dei ghiacciai dal lato svizzero e del 50% dal lato francese entro il 2090. Secondo le osservazioni del World Glacier Monitoring System ( la rete globale di misurazione dei ghiacciai), entro la fine del secolo, la linea di equilibrio – quel punto dove il ghiaccio non si scioglie né si forma nuovo ghiaccio – si sposterà dagli attuali 2900 metri a 3500 m di quota. “Questo è estremamente grave, spiega Thierry, perché più questa linea sale di quota, maggiore sarà l’accelerazione dello scioglimento del ghiacciaio”. Un meccanismo che si aggiunge a quello dell’albedo, responsabile ad esempio dell’accelerazione del ghiaccio marino in artico.

“L’albedo, continua Thierry è molto pronunciata sui piccoli ghiacciai, dove con la diminuzione della massa di ghiaccio, le superfici bianche sono sostituite dalle superfici più scure e così i piccoli ghiacciai riducono inesorabilmente la loro superficie, fino a scomparire molto rapidamente. Lo spostarsi sempre più in alto della linea di equilibrio ha conseguenze molto più gravi dell’albedo”.

Il fenomeno non ha ancora un vero e proprio nome, ma un colpevole si: si tratta dell’onda termica emanata dal calore latente durante la transizione da ghiaccio a acqua a ghiaccio. Thierry lo spiega con parole semplici.

“Finché c’è neve su un ghiacciaio in altitudine e questa neve in estate si scioglie, l’ acqua allo stato liquido prodotta dallo scioglimento resta nel manto nevoso, quella parte di neve che sta sopra al ghiacciaio. Ma quando la neve sparisce completamente, e quello che si scioglie sotto l’effetto dell’ irraggiamento solare e la temperatura dell’aria è il ghiaccio stesso, allora l’acqua dallo scioglimento del ghiacciaio entra direttamente nei crepacci, e penetra in profondità fino a raggiungere la base del ghiacciaio, il suo “bedrock”. A basse quote, come nella Mer de Glace, si formano veri e propri torrenti d’acqua glaciale che scorre a valle, ma in altitudine non si formano i torrenti, l’acqua resta intrappolata e durante la notte gela nuovamente, e quando l’acqua gela di nuovo, emana il suo calore latente ! Quest’onda termica entra nel ghiacciaio in profondità. Questo succede in tutti i ghiacciai sulla cosiddetta “linea di equilibrio”, ma il problema è che, poiché questa linea sale sempre di più, si avvicina alle zone di seracchi che sono più minacciose, e che finiranno per staccarsi facendo scivolare tutto il ghiacciaio, con una caduta brutale, in grado di cancellare interi villaggi a valle” – conclude Thierry indicando la zona dove si potrebbe rompere la linea di equilibrio sul ghiacciaio di fronte a noi, che perde 10 metri di superficie all’anno, e dove sono state già sistemate grosse áncore per stabilizzare il ghiaccio.

Uno scenario apocalittico quello descritto da Thierry Lebel, di cui c’è stata una “avant-première” nelle vicine alpi svizzere, in vallese, il 28 maggio scorso, quando il villaggio di Blatten è stato cancellato interamente dalle carte geografiche in meno di un minuto da milioni di metri cubi di ghiaccio, roccia e fango a seguito del crollo del ghiacciaio di Birch, sul Kleines Nesthorn. Una “bella” notizia per il 2025, proclamato Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai dalle Nazioni Unite.

Benché non si sappia ancora con precisione quale percentuale della riduzione in altitudine sia dovuta al ritiro del ghiacciaio e quale invece al più catastrofico riscaldamento della sua base rocciosa, non ci sono dubbi sui colpevoli di questo scioglimento: le temperature in aumento dovute all’eccesso di emissioni di gas serra. Se questa tendenza non viene arrestata, i giorni in cui le temperature scendono sotto 0°C in un anno diminuiranno del 50% oltre i 2400 metri di quota entro il 2050 e non potranno essere compensate dall’aumento delle precipitazioni invernali.

Lo scioglimento dei ghiacci alpini, come la permanenza nello spazio, richiamano la nostra attenzione sulla necessità di un approccio globale piuttosto che molteplici interventi nazionali quando si tratta di proteggere le condizioni che permettono la nostra vita sulla Terra“ – commenta l’astronauta Nespoli a chiusura della nostra escursione, a quote ben inferiori a quelle che ha l’abitudine di frequentare.

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