La nostra Galassia non è stata sempre così imponente come la conosciamo. Gran parte della sua rilevanza è dovuta a storie di fusione, avendo catturato e assorbito galassie più piccole secondo uno schema gerarchico. La giovane Via Lattea, circa 13 miliardi di anni fa, era piccola ma per qualche ragione è diventata dominante nella sua regione di spazio, attirando nel suo potenziale gravitazionale oggetti vicini. Essendo l’Universo più piccolo, il processo è stato certamente favorito anche dalle brevi distanze relative tra le protogalassie. Ricostruire quelle antiche storie di fusione è difficile, ma non impossibile perciò gli archeologi galattici scavano nei dati per cercarne le tracce.
Come in un giallo
Come ben sanno i lettori di libri gialli, il delitto perfetto non esiste e analizzando accuratamente la scena del crimine, gli inquirenti possono identificare gli elementi probatori a carico del colpevole. Non sempre sono prove robuste ma incrociate con altre inchiodano il responsabile. Fuor di metafora, la scena del crimine è la Via Lattea e gli indizi sono nella cinematica e nella particolare chimica di certe stelle. Se un tempo era un compito davvero arduo, la tecnologia adesso permette di avere tali informazioni con dati di grande qualità e lo dobbiamo principalmente al satellite astrometrico Gaia dell’Esa.
Storie di fusioni
In questi anni, Gaia ha permesso di riconoscere le prove di fusioni importanti e anche minori sia nel disco sia nell’alone galattico. Il più importante di tali eventi è denominato Gaia-Encelado e di esso rimane una particolare struttura fossile a forma di salsiccia. Quella è considerata la principale fusione sperimentata dalla Galassia e, tra 8-11 miliardi di anni fa, comportò una crescita di circa 50 miliardi di masse solari tra stelle e gas. Nel corso dello stesso evento, la Via Lattea catturò anche alcuni ammassi globulari. Ciononostante, Gaia-Encelado è un evento in assoluto non antichissimo ma poco o nulla si sapeva di quanto fosse avvenuto in precedenza.
Sempre più antiche
Adesso, Khyati Malhan e Hans-Walter Rix del Max Planck Institute for Astronomy sono riusciti a identificare quelli che potrebbero essere due delle prime fusioni che possono essere ancora riconosciute come tali. Battezzati “Shakti” e “Shiva”, sembrano essere i resti di due protogalassie catturate tra 12 e 13 miliardi di anni fa dalla giovanissima proto-Via Lattea, contribuendo alla sua crescita in massa. Per ottenere questo risultato è stato necessario combinare i dati di quasi 6 milioni di stelle nei dati di Gaia incrociati con quelli del sondaggio SDSS. I risultati sono stati pubblicati sull’Astrophysical Journal.
Anatomia di una fusione
Negli eventi di cattura, diversi processi avvengono in parallelo. Ogni galassia catturata cede il proprio serbatoio di idrogeno. Dopo la collisione, le nubi di idrogeno vengono destabilizzate e al loro interno avviene una poderosa formazione stellare. Le stelle della galassia catturata andranno a mischiarsi con quelle della predatrice.
Questa terminologia può apparire cruenta, ma è esattamente quello che accade negli ambienti dei gruppi e ammassi di galassie. Le stelle acquisite formano una popolazione con caratteristiche chimiche e cinematiche simili. Una volta completata la fusione, potrebbe sembrare impossibile trovarne traccia e discriminarne l’origine. In realtà gli astronomi hanno escogitato alcuni criteri per risalire all’ascendenza stellare, a iniziare dalla fisica di base.
Tracce inequivocabili
Quando le galassie si scontrano e le loro popolazioni stellari si mescolano, la maggior parte delle stelle conserva proprietà basilari, che sono direttamente collegate alla velocità e alla direzione della galassia in cui hanno avuto origine. Le stelle della stessa galassia pre fusione condividono valori simili sia per la loro energia sia per momento angolare, associato al movimento orbitale o alla rotazione. Per le stelle che si muovono nel campo gravitazionale di una galassia, sia l’energia sia il momento angolare rimangono gli stessi nel tempo. Quindi, stelle con valori molto simili è probabile che siano i resti di una passata fusione.
Anche la chimica ha il suo contributo poiché le stelle più giovani presentano una metallicità più alta rispetto a quelle che si sono formate molto tempo fa. Quanto più basso è il contenuto di elementi pesanti, più vecchia è la stella. Quando si cerca di identificare stelle che esistevano già 13 miliardi di anni fa, si dovrebbero cercare stelle con un tenore di metalli davvero molto basso.
Insostituibile Gaia
Il satellite astrometrico Gaia fornisce un set di dati ideale per le ricerche di archeologia galattica. Lanciato nel 2013, ha prodotto un set di dati sempre più accurato, con posizioni, spostamenti e distanze di quasi 1,5 miliardi di stelle all’interno della nostra galassia.
Questi dati stanno rivoluzionando gli studi sulla dinamica interna della Via Lattea e hanno già portato, come accennato, alla scoperta di sottostrutture precedentemente sconosciute. Oltre a Gaia-Encelado/Salsiccia, nel 2022 gli stessi autori hanno trovato altre due strutture: il flusso Ponto è il nucleo più antico della Via Lattea. Quest’ultima è una popolazione stellare che si formò durante le fusioni iniziali della proto-Via Lattea, e la troviamo nel suo nucleo.
Shakti e Shiva
Malhan e Rix hanno utilizzato i dati di Gaia combinati con gli spettri stellari dettagliati dello Sloan Digital Sky Survey (DR17). Questi ultimi forniscono informazioni dettagliate sulla composizione chimica.
I due gruppi di stelle avevano un momento angolare relativamente grande, coerente con un’origine separata in altrettante galassie distinte che si erano fuse con la Via Lattea. I loro valori di energia, momento angolare e metallica complessivamente bassa, paragonabile a quella del “vecchio cuore”, li rendono buoni candidati primi antenati della nostra Galassia. Le due strutture sono state chiamate Shakti e Shiva in onore delle principali divinità dell’Indù: la prima una forza cosmica femminile spesso rappresentata come la consorte di Shiva.
Shakti e Shiva potrebbero essere le prime due aggiunte al più antico nucleo della nostra Via Lattea e rappresentare uno scorcio sulla più sua antica preistoria.