I pianeti al di fuori del Sistema solare sono davvero strani. Studiare l’Universo è un po’ come esplorare un ambiente sconosciuto, catalogando flora e fauna locali che, il più delle volte, non hanno analoghi nel nostro database mentale.
Una di queste stranezze è la presenza di quarzo o silice cristallina SiO2 nelle nubi di Wasp-17b, un esopianeta gioviano caldo posto a circa 1300 anni luce di distanza, nella costellazione dello Scorpione. Lo spettro dell’atmosfera di questo pianeta è stato catturato dal Mid-Infrared Instrument (Miri) del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA, ma Wasp-17b era già stato avvistato nel 2009, in orbita attorno alla stella Wasp-17 di Sequenza principale di tipo F.
Ha un volume superiore a sette volte quello di Giove e una massa inferiore alla metà della sua. In pratica, è un enorme marshmallow, oltre che uno degli esopianeti più grandi e gonfi conosciuti.
Il suo breve periodo orbitale, di soli 3,7 giorni terrestri, lo rende anche il pianeta ideale per la spettroscopia di trasmissione. Grazie a questa tecnica, quando un pianeta passa davanti alla stella, è possibile misurare gli effetti di filtraggio e scattering della sua atmosfera sulla luce stellare.
Le osservazioni del telescopio spaziale Hubble, in passato, avevano mostrato la presenza di aerosol, ovvero minuscole particelle che compongono nuvole o foschia, nell’atmosfera di Wasp-17b. Quello che ha aggiunto il Webb è stata l’identificazione della composizione di queste foschie: il quarzo.
Raccogliendo più di 1275 misurazioni curve di luce nel medio infrarosso, a lunghezze d’onda comprese fra 5 a 12 micron e comparando i dati quando il pianeta attraversava la sua stella rispetto a quando la stella era da sola, è stato possibile calcolare la quantità di ogni lunghezza d’onda che venivano filtrate dall’atmosfera del pianeta.
Solitamente, quando nelle nuvole ci sono silicati di magnesio o altri possibili aerosol ad alta temperatura come l’ossido di alluminio, la regione dello spettro attorno alla lunghezza d’onda di 8,6 micron risulta assorbita. In questo caso, invece, gli astronomi hanno notato un insolito aumento dell’energia dello spettro, compatibile con l’assenza di queste molecole e con la presenza di quarzo in atmosfera. I cristalli al suo interno sono probabilmente simili a quelli che si trovano nei geodi, con forme di prismi esagonali appuntiti, ognuno di essi ha un diametro di circa 10 nm.
Se dunque siamo venuti a conoscenza della presenza di silice solo grazie ai dati di Webb/Miri, è vero che i dati di Hubble hanno giocato un ruolo chiave nel limitare le dimensioni di queste particelle e aiutato a capire il contesto. Anche sulla Terra ci sono particelle minerali che si trovano nelle nuvole. Tuttavia, esse sono prodotte a Terra e poi trasportate in atmosfera successivamente. In Wasp-17b, essi hanno origine nell’atmosfera stessa.
Il pianeta è estremamente caldo (circa 1500 °C) e la pressione atmosferica nella regione in cui si formano i cristalli di quarzo è pari a circa un millesimo di quella che sperimentiamo sulla superficie terrestre. Questo fa sì che i cristalli solidi possano formarsi direttamente dal gas, senza passare dalla fase liquida.
Se è vero che i pianeti gioviani caldi come Wasp-17b sono fatti principalmente di idrogeno ed elio, con piccole quantità di altri gas come il vapore acqueo e l’anidride carbonica, è anche vero che ci è necessario, per caratterizzarli al meglio, includere tutto l’ossigeno rinchiuso in minerali come il quarzo. In caso contrario, sottovaluteremmo l’abbondanza totale di queste molecole.
Inoltre, dal momento che il pianeta è in rotazione sincrona, con un lato diurno molto caldo e uno notturno più freddo, è probabile che le nuvole circolino intorno al pianeta, ma vaporizzino quando raggiungono il lato diurno più caldo, spostando queste minuscole particelle vetrose a velocità di migliaia di chilometri all’ora”.