Meno materia oscura attorno alla Via Lattea

by Giuseppe Donatiello

Sin dalla sua scoperta, mezzo secolo fa, la materia oscura rimane un mistero. È chiamata così perché non conosciamo la sua natura, ma sappiamo che ci deve essere per forza, altrimenti le strutture cosmiche che osserviamo non avrebbero avuto modo di formarsi e mantenersi.

La materia oscura (DM) fu postulata osservando la rotazione delle galassie locali. Vera Rubin con il gas ionizzato e Albert Bosma con quello neutro, dimostrarono che la velocità di rotazione delle galassie spirali locali non decresceva dal centro verso l’esterno come atteso, ma rimaneva quasi costante ben oltre il disco visibile. Questo suggeriva che doveva esserci della materia invisibile che interagiva soltanto per via gravitazionale e in grande quantità. Senza quel contributo, le curve di rotazione avrebbero seguito un declino chiamato “kepleriano”, indicando l’assenza di materia all’esterno del disco ottico. Ma quanta materia invisibile c’era?

La curva di rotazione di una galassia spirale (M33) è ottenuta con misure di velocità radiale nelle stelle del disco e con osservazioni radio a 21 cm delle nubi di idrogeno neutro. Queste misure indicano velocità superiori alle attese e sono la prova della presenza di una misteriosa componente invisibile nell’alone, detta materia oscura. (CC0)

Pesare una galassia

Le osservazioni dimostrarono che la DM doveva occupare vasti aloni intorno alle galassie. Recenti osservazioni suggeriscono che tali strutture siano irregolari e formate da aloni più piccoli. La proporzione con la materia ordinaria sembra invece dipendere dal tipo di galassia e dall’ambiente in cui si trova. Secondo gli esperti, le galassie nane ne contengono più delle spirali, dove il rapporto sembra attestarsi intorno a 1:6 con la materia ordinaria.

Per pesare una galassia sono usati vari metodi, in genere ricavando le stime in base alle velocità esibite dalle strutture nell’alone. Ad esempio le nubi di idrogeno neutro sono dei buoni indicatori grazie alle velocità radiali nella riga a 21 cm. Altrettanto, gli ammassi globulari possono essere ugualmente usati sia con le velocità esibite ma anche con la loro massa, stimabile con buona precisione. Ciononostante non è un compito facile e la stima e sempre approssimativa.

Tutto è cambiato con Gaia

Le cose cambiano quando le velocità non riguardano nubi o ammassi, ma il grande campione di stelle che forma il disco e l’alone della Galassia. Il problema è che la nostra posizione all’interno del disco ha sempre impedito di stabilire una curva di rotazione (RC) e quindi una stima affidabile della sua massa complessiva.

Le cose sono cambiate, però, con il terzo rilascio dati del satellite astrometrico Gaia dell’Esa. Gaia DR3 contiene informazioni complete per 1,8 miliardi di stelle, comprendendo le tre componenti spaziali e le tre di velocità in uno spazio a sei dimensioni. Questi dati di altissima qualità hanno permesso di determinare la RC della Via Lattea sino al doppio del raggio ottico e con piccola incertezza.

Le nuove misure ricavate dalle stelle nel campione del satellite astrometrico Gaia hanno permesso di tracciare una curva di rotazione con evidente declino kepleriano delle velocità intorno a 27 kpc dal centro. Tale pendenza indica un netto calo di materia oscura nell’alone della Via Lattea.
(Jiao, Hammer et al. / Osservatorio di Parigi – PSL / CNRS / ESA / Gaia / ESO / S. Brunier)

Massa molto sovrastimata

Con sorpresa dei ricercatori, la massa complessiva della nostra galassia era stata notevolmente sovrastimata. Per la prima volta è stato inoltre osservato il declino kepleriano nella curva di rotazione tra 19,5 e 26,5 kpc, pari a circa 30 km/s. Questo permette di stimare in modo molto più preciso la massa totale a circa duecento miliardi di masse solari (2,06×1011), almeno cinque volte inferiore rispetto alle stime precedenti.

Gaia DR3 ha portato a progressi significativi. Tre diversi studi hanno derivato l’RC della Via Lattea: uno ha utilizzato l’intero catalogo Gaia DR3. Il secondo è basato su un numero minore di stelle nel ramo delle giganti rosse (RGB), per le quali le distanze sono stimate mediante spettrofotometria. Il terzo si basa su 58mila stelle RGB luminose.

Solo uno a tre

Nel nuovo studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics e guidato da Yongjun Jiao dell’Osservatorio di Parigi, il gruppo di ricerca ha confrontato i diversi RC di Gaia DR3, scoprendo che hanno valori di velocità coerenti. Ciò indica un declino robusto e significativo nella curva di rotazione con piccola incertezza nelle misure. Essendo la massa della materia visibile conosciuta con buona precisione e pari a 0,6×1011 masse solari, ne consegue che il rapporto tra DM e massa barionica è solo uno su circa 3, rispetto al circa 6 delle vecchie stime (Planck Collaboration et al. 2020) .

Rappresentazione schematica del Flusso Magellanico, vale adire la coda mareale associata alle due Nubi di Magellano e prodotta dall’interazione con la Via Lattea durante la caduta nel potenziale gravitazionale. La nuova stima della massa complessiva della Galassia ridimensiona anche quella di LMC.
(Cortesia ALADIN)

Una minore massa dinamica per la Via Lattea non è esente da conseguenze. Ad esempio influenza le stime di massa per la Grande Nube di Magellano (LMC), maggiormente vincolata da quella della Via Lattea in interazione con essa. Con una massa totale della Via Lattea di 2,06 ×10¹¹ masse solari, quella totale di LMC diventa circa 3×10¹⁰. Questi valori sono in accordo con le stime di massa che meglio riproducono il grande flusso magellanico, cioè la coda di marea prodotta dall’interazione tra le Nubi di Magellano e la nostra Galassia, altrimenti non riproducibile dai modelli. Questo conferisce altra robustezza alla nuova stima della massa dinamica complessiva.

Uno strumneto per ricostruire le antiche fusioni

Queste stime non sono fine a se stesse è hanno anche un significato in termini evolutivi. Ad esempio, la massa minore implica una storia di accrescimento inferiore rispetto ad altre galassie simili. La Via Lattea non mostra grandi fusioni da 9 miliardi di anni, mentre metà delle galassie a spirale hanno subito la loro ultima grande fusione più recentemente. Questo significa che lo studio dell’RC in altre galassie può essere usato come indicatore di eventi di fusione recenti o meno. Su questo fronte la nostra galassia sembra essere un’eccezione avendo avuto una storia insolitamente tranquilla.

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