L’ammasso aperto delle Iadi, distante circa 153 anni luce, è il più vicino alla Terra dopo il Gruppo in movimento dell’Orsa Maggiore, il cui nucleo è costituito dalle cinque stelle azzurre del Gran Carro, a circa 81 anni luce. Per via della breve distanza, le Iadi sono un laboratorio ideale per studi sull’evoluzione stellare, i moti interni negli ammassi aperti e la loro cinematica.
Ora un gruppo di astrofisici, guidato da Stefano Torniamenti (Università di Padova), ha pubblicato nuovi risultati che suggeriscono la presenza di diversi buchi neri di taglia stellare dentro il famoso ammasso nel Toro. Questi buchi neri sarebbero i più vicini sinora rilevati. Il risultato, derivato da un soggiorno di ricerca di Torniamenti presso l’Istituto di Scienze del Cosmo dell’Università di Barcellona (ICCUB), è stato pubblicato su MNRAS.
Il ruolo delle simulazioni numeriche
Per lo studio, il gruppo ha utilizzato complesse simulazioni per descrivere il movimento e l’evoluzione di tutte le stelle note dell’ammasso sino allo stato attuale. I risultati della simulazione sono stati, quindi, confrontati con i dati reali delle stelle ricavati dai dati del satellite astrometrico Gaia dell’Esa.
“Le nostre simulazioni possono corrispondere simultaneamente alla massa e alle dimensioni delle Iadi solo se alcuni buchi neri sono presenti al centro dell’ammasso oggi o fino a poco tempo fa”, afferma Torniamenti, ora ricercatore post-dottorato presso l’Università di Padova e primo autore dell’articolo.
Due o tre buchi neri
Gli ammassi aperti sono formati da stelle nate nella stessa nube molecolare e, in prima approssimazione, tutte della stessa età. La massa complessiva non è comunque sufficiente per tenere il gruppo riunito per molto tempo. Nel volgere di alcune centinaia di milioni di anni, le stelle tenderanno a slegarsi sino a disperdersi sotto l’azione gravitazionale della Galassia. La velocità del processo non è costante e dipende da molti influenti fattori, come la vicinanza dell’ammasso a un braccio galattico oppure la consistenza numerica.
Quella delle Iadi è una situazione abbastanza ordinaria, comune a molti ammassi aperti. Lo studio cinematico ha però permesso di stabilire che l’aspetto attuale delle Iadi, vecchie di circa 600 milioni di anni, è meglio riprodotto se nelle simulazioni è considerata la presenza di due o tre buchi neri. Anche quando tutti i buchi neri siano stati espulsi di recente (meno di 150 milioni di anni fa), è riprodotta abbastanza bene la struttura attuale dell’ammasso. Le Iadi possono aver conservato memoria di tale popolazione di buchi neri dispersi.
Ancora dentro o vicini all’ammasso
I calcoli indicano che i buchi neri dovrebbero essere ancora nell’ammasso, o nei pressi, rendendoli i più vicini alla Terra. Il precedente candidato buco nero più vicino, Gaia BH1, i trova a 480 parsec (1560 anni luce) dal Sole.
Nonostante la relativa vicinanza, questi buchi neri sono quiescenti e non manifestano direttamente la loro presenza. Identificarne la pozione precisa, grazie anche ai dati di Gaia, ne permetterebbe una maggiore comprensione grazie all’osservazione diretta dei loro effetti sull’ambiente circostante. Poco sappiamo ancora su questi misteriosi e affascinanti oggetti e la cosa è ancora più vera per quelli di massa stellare, la cui esistenza è provata dalle osservazioni delle onde gravitazionali prodotte dalla loro fusione in sistemi binari.
Quest’osservazione ci aiuta a capire come la presenza dei buchi neri influisca sull’evoluzione degli ammassi stellari e come contribuiscono alle sorgenti di onde gravitazionali nonché la loro distribuzione all’interno della Via Lattea.