Guardate questa colorata nuvola di gas. Se osservate bene potrete vedere al centro un puntino più luminoso. È una giovane stella, V960 Mon, situata a oltre 5000 anni luce di distanza nella costellazione del Monoceros. La polvere che la circonda come un bozzolo darà vita a un sistema planetario.
Le osservazioni sono state ottenute usando lo strumento Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch (Sphere) del telescopio VLT dell’ESO in Cile.
Il materiale polveroso in orbita attorno alla giovane stella, visibile in giallo, si sta assemblando per formare una serie di intricati bracci a spirale che si estendono per una distanza maggiore di quella dell’intero Sistema Solare.
Nel frattempo, le regioni blu, che mostrano i dati ottenuti con Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), provengono dalle profondità della struttura dei bracci a spirale, svelando grandi grumi polverosi che sono pianeti in fieri. Questi grumi, infatti, potrebbero contrarsi e collassare per formare pianeti giganti delle dimensioni di Giove. È la prima immagine a immortalare i grumi di materiale attorno a una giovane stella.
La stella V960 Mon è stata osservata in quanto degna di interesse, da quando, improvvisamente, ha aumentato la sua luminosità più di venti volte nel 2014.
Le osservazioni di Sphere effettuate poco dopo l’inizio di questa esplosione di luminosità hanno rivelato che il materiale in orbita attorno a V960 Mon si stava raggrumando in una serie di nodosi bracci a spirale. Questa scoperta ha poi motivato gli astronomi ad analizzare le osservazioni d’archivio dello stesso sistema fatte con Alma.
Si ritiene che i pianeti giganti si formino per “accrescimento del nucleo“, ovvero quando i grani di polvere si uniscono in grani sempre più grossi, come avviene per la polvere in casa. In alternativa, i pianeti si possono formare anche per “instabilità gravitazionale“, che si ha quando grandi frammenti del materiale attorno a una stella si contraggono e collassano. Se i ricercatori hanno precedentemente trovato prove per il primo di questi scenari, il secondo ha ancora poche prove a sostegno della teoria. Fino ad oggi, infatti, nessuno aveva mai visto una vera prova dell’instabilità gravitazionale su scala planetaria.
In futuro, gli strumenti dell’ESO aiuteranno gli astronomi a svelare maggiori dettagli di questo affascinante sistema planetario in formazione e l’Extremely Large Telescope permetterà di avere immagini sempre più dettagliate, raccogliendo informazioni cruciali su di esso.