Secondo le principali teorie, i pianeti giganti non dovrebbero essere in grado di formarsi attorno a stelle di massa molto piccola. Sebbene secondo gli studi più recenti i modelli parlino chiaro, tuttavia, esistono ugualmente pianeti giganti attorno a piccole stelle. Ma come è possibile?
Quattro anni fa, nel 2019, gli astronomi rilevarono la presenza di un gigante gassoso in un’orbita molto vicina a una stella di piccola massa, una stella nana M designata come GJ 3512. Secondo i modelli, doveva essere una anomalia, in quanto non ci sarebbe dovuto essere abbastanza materiale intorno alla stella per formare un pianeta così grande.
Ad oggi tuttavia, gli astronomi, analizzando i dati del satellite Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite), tra più di 91mila stelle con meno della metà della massa del Sole, hanno identificato quindici possibili giganti gassosi in orbita attorno a stelle di piccola massa. Questo ci dice che la scoperta del 2019 non era una anomalia, ma metteva invece in discussione le teorie standard sulla formazione planetaria.
Quando un pianeta si forma attorno a una stella, il modello di accrescimento del suo nucleo prevede due fasi: dapprima i planetesimi si scontrano e si attaccano insieme, diventando nuclei rocciosi delle dimensioni di poche masse terrestri. Successivamente, iniziano a raccogliere grandi quantità di gas intorno a sé. Se tuttavia questa teoria funziona bene per la maggior parte dei sistemi stellari, incluso il nostro, non ricalca molto bene quello che avviene per le stelle di piccola massa, dove i dischi di formazione planetaria hanno una massa molto esigua. Quindi, come si possono creare pianeti giganti?
Un’ipotesi potrebbe essere la migrazione. Tali pianeti potrebbero essere giunti in quel sistema da altre parti, oppure aver seguito un altro percorso di formazione, come l’instabilità del disco. In questo caso, i giganti gassosi si formano in una volta sola, molto lontano dalla stella ospite.
Diagramma dei due scenari principali per la formazione dei pianeti.
Per ora, nessuna spiegazione sembra rispecchiare i dati. Per migliorare i modelli di formazione planetaria, occorrono più dati su più sistemi planetari in diversi stadi evolutivi. Infatti, i dati che sono stati presi come campione provengono da differenti processi di misura. Le osservazioni infatti includono il metodo della velocità radiale, che è utile per trovare pianeti intorno a stelle di piccola massa, e il metodo dei transiti, che funziona meglio per i pianeti che orbitano vicino alla loro stella.
Forse, usando dati acquisiti attraverso il fenomeno di microlensing, che si basa sulla forza gravitazionale di una stella in primo piano che piega e focalizza la luce proveniente da una stella di fondo lontana, si potrebbero rilevare pianeti in orbita lontana attorno a stelle simili al Sole e pianeti raminghi non legati gravitazionalmente a una stella. In questo modo sarebbe possibile colmare alcune lacune presenti nel censimento planetario.