Quando si dissipò la nebulosa solare?

I meteoriti metallici indicano che sia avvenuto molto presto

Rappresentazione artistica della nebulosa solare. (Hernan Canellas)

Il nostro Sole, come tutte le stelle, si è formato all’interno di una grande nube molecolare, al centro di una piccola regione in contrazione. Le giovani stelle producono un bozzolo residuo di gas e polveri così come un disco entro il quale prende il via la formazione planetaria. Anche il giovane Sole aveva il suo bozzolo e a esso ci riferiamo come “nebulosa solare”.

Benché lacunosa, la serie di passaggi che ha portato alla formazione planetaria è abbastanza chiara, anche grazie all’osservazione di molti dischi circumstellari. Ciò che ancora non sappiamo bene è la tempistica: quanto ci ha messo il Sole per dissipare il suo bozzolo?

Un nuovo studio, che considera il tempo di raffreddamento dei nuclei metallici nei planetesimi, indica che tale processo sia stato più veloce di quanto pensato. Allo scopo è stato usato materiale che ci arriva gratis dallo spazio, cioè i meteoriti.

Illustrazione artistica del giovane Sistema Solare con la nebulosa solare in progressiva dissipazione. L’assenza dell’azione frenante del gas ha favorito le collisioni tra planetesimi ed embrioni planetari.
(Tobias Stierli/Flaeck)

Reliquie del giovane Sistema Solare

Che i meteoriti siano i più antichi testimoni del giovane Sistema Solare è noto da molto tempo. Alcuni manifestano caratteristiche davvero primordiali, tanto da far pensare che non abbiano subito trasformazioni rilevanti sin dalla loro formazione. Addirittura, sono state trovate tracce dell’ambiente precedente la formazione dello stesso Sole, offrendo uno spaccato sulle condizioni esistenti nella nube molecolare.

Altri meteoriti, pur rimanendo materiali molto antichi, manifestano una certa trasformazione, perciò sono maggiormente rappresentativi di altre fasi e condizioni presenti nella nebulosa solare e del disco circumstellare. In particolare, i meteoriti di ferro e nichel sono ritenuti frammenti di nuclei di grossi planetesimi differenziati, formatisi per fusione con oggetti più piccoli. Questi meteoriti ci raccontano storie di violente collisioni avvenute in una certa fase del Sistema Solare. Ma quando?

Certamente, la fase di maggiore frequenza d’impatti deve essere avvenuta quando l’ambiente li favoriva, perciò quando sostanzialmente libero di gas e polveri che agivano da freno per i planetesimi. Quando questo sia avvenuto, può essere dedotto stimando il tempo di raffreddamento dei meteoriti metallici.

Il raffreddamento dei meteoriti metallici

Un gruppo internazionale, guidato da ricercatori svizzeri, ha potuto appurare che il raffreddamento di tali meteoriti sia stato abbastanza rapido e collegato alla perdita, durante gli impatti, degli isolanti costituiti dai mantelli nei planetesimi differenziati.

Secondo lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, i tempi di esposizione al freddo dello spazio corrispondo all’intervallo tra 7,8 e 11,7 milioni di anni dopo la formazione del Sistema Solare. Alcune particolari inclusioni di Calcio e Alluminio devono essersi formate in un ambiente dominato da basse velocità, a causa dello smorzamento dovuto alla resistenza del mezzo. Le collisioni che hanno prodotto i frammenti metallici indicano invece un ambiente caotico, favorito dalla dissipazione del gas, soffiato via dal giovane Sole, e rafforzato dall’instabilità precoce dei pianeti giganti, tra 5 e 14 milioni di anni dopo la loro formazione.

Precedenti studi scientifici hanno mostrato che gli asteroidi sono rimasti relativamente invariati dalla loro formazione, miliardi di anni fa. Sono quindi un archivio, in cui sono conservate le condizioni del primo Sistema Solare“, dice Alison C. Hunt, prima autrice dello studio.

Odessa (iron), o più comunemente Odessa, è un meteorite ferroso trovato in Texas nel 1922. Il nome ufficiale porta il suffisso (iron) per distinguerlo da Odessa (stone), un altro meteorite molto più piccolo caduto in Ucraina, vicino alla famosa omonima città di Odessa. (CC0)

Antiche registrazioni

Ogni buon archivio deve essere consultabile e interpretato correttamente. I meteoriti ci arrivano gratis direttamente sulla Terra con il loro contenuto d’informazioni. Il gruppo ha quindi estratto campioni da 18 meteoriti metallici da sottoporre ad analisi. Essi sono stati riscaldati e analizzati con uno spettrometro di massa per isolare il Palladio, Argento e Platino nel loro interno e misurarne le abbondanze relative degli isotopi.

In particolare, un isotopo dell’argento inizia ad accumularsi nel progressivo raffreddamento, quindi il rapporto tra gli isotopi di tali elementi fornisce un metro per stabilire sia quando, sia quanto velocemente i nuclei dei planetesimi si siano raffreddati dopo una prima fase di riscaldamento.

I risultati hanno mostrato che il processo è stato relativamente veloce su scala geologica.  Sebbene il raffreddamento rapido fosse stato indicato da studi precedenti basati su misurazioni dell’isotopo d’argento, la tempistica era rimasta poco chiara. Va sottolineato che nello spazio il raffreddamento avviene solo per irraggiamento e richiede milioni di anni anche per abbassare la temperatura di pochi gradi.

Siamo stati in grado di datare i tempi delle collisioni in modo più preciso che mai. E con nostra sorpresa, tutti i nuclei di asteroidi che abbiamo esaminato sono stati esposti quasi contemporaneamente”, afferma ancora Hunt. Le collisioni quasi coeve dei diversi asteroidi, indica che il periodo doveva essere una fase molto instabile del Sistema Solare.

Il confronto con i modelli

Questo risultato sperimentale è stato messo al confronto con le più recenti simulazioni riguardanti l’evoluzione del Sistema Solare per indagare le possibili implicazioni.

Lo studio illustra come i miglioramenti nelle tecniche di misurazione in laboratorio, permettano di dedurre i processi chiave occorsi nel giovane Sistema Solare, come la scomparsa della nebulosa solare. All’epoca i pianeti erano ancora embrioni e conoscere tale fase cruciale, può aiutare a capire meglio come si siano accresciuti nonché fornire informazioni sulla formazione planetaria più in generale.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.