La prima grande collisione della Via Lattea

Un antico evento di fusione ne aumentò la massa della metà

La Via Lattea estiva (Giuseppe Donatiello)

Se riavvolgessimo l’ideale film che racconta la formazione della nostra Galassia, scopriremmo che le sue rilevanti dimensioni sono la conseguenza di ripetuti episodi di cattura e fusione con galassie più piccole. Analoghi processi sono stati alla base della crescita per tutte le galassie maggiori nell’Universo ma che, a causa delle grandi distanze, possiamo osservare solo in alcuni aspetti e con grande difficoltà.

La nostra Via Lattea è invece il laboratorio ideale dove osservare in dettaglio le varie fasi evolutive e come si siano svolte. Complessivamente, tali ricerche rientrano in una specifica disciplina, detta Archeologia Galattica, che si prefigge di trovare antiche tracce attraverso la cinematica e chimica stellare. Alcuni di questi fenomeni di cattura sono attualmente in corso. Ad esempio, la nostra galassia ha già distrutto la Nana del Sagittario di cui rimane una nuvola sparsa di stelle da cui parte un lungo flusso in posizione quasi ortogonale al disco. Altrettanto, le due Nubi di Magellano, nel corso del loro avvicinamento (sembrerebbe il primo), stanno subendo la sottrazione di gas e stelle. Nel corso dell’ultimo decennio sono stati inoltre identificati i resti di altre galassie nane e molti ammassi globulari.

Merito del satellite Gaia

Gran parte delle scoperte sono frutto degli studi eseguiti sulle osservazioni del satellite Gaia dell’ESA, lanciato nel 2013. La qualità dei dati è talmente eccelsa da permettere agli archeologi galattici di avere visioni in 3D delle posizioni ora occupate da circa l’1% delle stelle che la popolano. Con essi è possibile ricostruire anche a ritroso i loro moti e formulare ragionevoli ipotesi sulla loro provenienza quando la Via Lattea era davvero piccola e giovane. Le registrazioni di fusioni risalenti a 10-12 miliardi di anni fa, possono essere ottenute studiando i moti e le posizioni delle stelle che formano l’alone, la struttura sferica intorno al nucleo (circa centomila anni luce).

È proprio grazie allo studio dei moti stellari che di recente sono emerse evidenze di un importante evento di cattura, forse il più importante dell’intera storia galattica, occorso circa al tempo z=2, cioè intorno a 10 miliardi di anni fa, con una galassia denominata Gaia-Sausage-Enceladus (GSE). Questa galassia non è più riconoscibile come oggetto poiché le sue stelle si sono completamente diffuse nell’alone, ma i loro movimenti sono talmente peculiari da essere inconfondibili. Le stelle appartenenti ai detriti di GSE si muovono infatti in famiglie, lungo orbite galattiche retrograde, vale a dire in senso contrario alle stelle del disco. Questo è certamente indicativo che esse non siano autoctone ma arrivate dall’esterno.

Un gruppo internazionale di astronomi, in uno studio guidato da Rohan Naidu [ApJ 923 92], ha utilizzato i dati di Gaia per combinarli a quelli di un’indagine chiamata H3. Eseguita nelle regioni esterne della Via Lattea mediante il Multiple Mirror Telescope (MMT) da 6,5 metri operativo sul Monte Hopkins in Arizona, H3 tenta di ricostruire la storia delle stelle con dettagli senza precedenti in modo da determinarne l’origine.

Il più importante evento di cattura

Le prove erano già convincenti che la cattura di SGE fosse avvenuta circa 8-10 miliardi di anni fa. Non era però chiaro come si fosse svolta la cattura, in particolare se sia stato uno scontro frontale oppure un lento l’avvicinamento lungo un’orbita sempre più stretta sino alla completa fusione.

Ormai è prassi eseguire simulazioni N-corpi per modellare tutti i possibili incontri e cercare quelli che meglio descrivano le osservazioni. Il gruppo ha così modellato le stelle dell’alone abbinate a un confronto con la loro età e chimica, calcolando che GSE conteneva circa mezzo miliardo di stelle. La galassia non era in orbita, ma sembra essere giunta in senso contrario al moto di rotazione del disco. La sua cattura ha permesso di far guadagnare circa il 50% della popolazione stellare dell’alone e circa il 20% all’attuale alone galattico di materia oscura.

Secondo gli autori, pur essendo all’epoca la Via Lattea già di dimensioni rilevanti, la cattura di SGE ha rappresentato il più importante incremento in massa, pari a circa la metà delle dimensioni correnti.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.