Domanda di Salvatore Pellegrino del 28/10/2022

Domanda Spettro della radiazione proveniente da una stella La radiazione emessa da una stella in tutte le regioni dello spettro (con picco in una di esse) potrebbe subire delle modifiche (attenuazione, assorbimento o riemissione in zone diverse dello spettro) a causa della sua interazione con regioni ricche di polveri e gas (molecole IPA) prima di giungere ai nostri telescopi spaziali o terrestri. Siccome la conoscenza perfetta dello spettro originale della stella dovrebbe essere fondamentale per risalire a certe sue caratteristiche fisiche come la temperatura e altro, vorrei chiedere quali sono le onde elettromagnetiche che non vengono modificate da regioni piene di polveri e gas? In particolare quali bande dell'infrarosso (lontano, medio e vicino) bucano senza modifiche queste regioni? Infine come eventualmente sia possibile ricostruire anche approssimativamente lo spettro della stella posta dietro queste regioni di polvere e gas che quindi è stato soggetto a modifiche?
Autore Salvatore Pellegrino
Risponde Giuseppe Donatiello
Risposta Certamente! Quello che osserviamo dell’universo è la sommatoria di vari processi, spesso concomitanti. Trovare una sorgente “pura”, vale a dire priva di alterazioni dell’emissione originaria, è cosa molto rara. La stessa luce del Sole, quella che giunge ai nostri occhi o registrata dai sensori digitali, non è altro che il risultato di ripetuti fenomeni di assorbimento e riemissione. I fotoni generati nel nucleo della nostra stella nascono come fotoni X, ma la densità nella regione interna è talmente elevata da essere assorbiti immediatamente. Gli stessi fotoni saranno riemessi a energie inferiori sino a emergere nella fotosfera a lunghezze d’onda visibili. Secondo certe stime, restano dentro la nostra stella alcune centinaia di migliaia di anni prima di sfuggire nello spazio. Anche nell’ambiente apparentemente vuoto, un fotone incontrerà e interagirà con la materia finissima nello spazio interplanetario. Ad esempio interagirà con la polvere e produrrà il fenomeno della Luce Zodiacale, vale a dire la luce solare diffusa intorno al piano dell’eclittica da parte di minuscole particelle. Anche a distanze ben maggiori, nello spazio interstellare apparentemente vuoto, la luce interagirà ancora con polveri e gas. Pur essendo la densità estremamente bassa, il numero significativo di particelle e molecole per metro cubo rende probabile l’interazione. Anche le grandi nebulose, come quella di Orione, sono praticamente fatte di nulla. La loro densità è di diversi ordini inferiore al miglior vuoto spinto che possiamo produrre qui sulla Terra. Ciononostante, la sommatoria di vari processi permette a quel gas di emettere una specifica radiazione luminosa, ma anche di assorbire la luce quando la densità cresce. Le nebulose oscure rappresentano forse l’esempio migliore per indicare ambienti in cui l’assorbimento è massimo. Alcuni di tali oggetti sono in grado di attenuare completamente la luce di sorgenti (stellari) poste dietro o addirittura al loro interno. L’assorbimento è funzione della lunghezza d’onda: quelle più corte sono le prime a essere assorbite, mentre quelle più lunghe lo sono meno. Anche le lunghezze d’onda maggiori, come le onde radio, non sono esenti da assorbimenti, riflessioni e diffusioni. Questo lo sanno bene i radioamatori che spesso usano particolari condizioni per realizzare collegamenti a grandi distanze. Se certe lunghezze d’onda riescono a “bucare” le dense nubi polverose, non è certamente perché abbiano proprietà miracolose, bensì la loro lunghezza d’onda è maggiore delle dimensioni fisiche medie delle particelle che devono attraversare. In altri termini, le particelle non si comporteranno come un muro ma potranno essere “scavalcate” dall’onda elettromagnetica, tuttavia subiranno attenuazioni più o meno rilevanti in base alla densità del mezzo. In casi estremi avverrà il completo assorbimento. Pertanto, se desideriamo osservare una nube di polveri, useremo una lunghezza d’onda di dimensioni inferiori a quelle tipiche delle particelle che la compongono (parliamo di micrometri), altrimenti quelle polveri saranno completamente trasparenti o quasi. Anche nelle osservazioni ci vuole ingegno e creatività. Ad esempio possiamo eseguire un confronto rispetto a uno spettro di riferimento in laboratorio. Altresì, possiamo prendere lo spettro in due regioni attigue ed eseguire un confronto. La sottrazione ci darà le caratteristiche della sorgente in quella determinata regione spettrale e così via. Tali tecniche sono ampiamente utilizzate – e lo saranno ancor di più in futuro – per stabilire la composizione chimica atmosferica degli esopianeti catturati in controluce durante un transito. Ovviamente per “ricostruire” lo spettro di una sorgente in altre regioni ci si può affidare a modelli e cercare quello che meglio sia in grado di descrivere quanto si osservi oppure pronosticare quello che potrebbe essere in altre regioni spettrali. Sarebbe troppo bello poter ottenere certe informazioni per via indiretta o partendo da informazioni frammentarie, purtroppo dobbiamo accontentarci di approssimazioni o riferirci a osservazioni dirette.

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