Spesso abbiamo pensato che nell’universo possano esistere civiltà tecnologicamente avanzate.
Se una di queste è reale, viene da pensare che, nel caso in cui essa sia su un pianeta come la Terra, con una stella che la riscalda, potrebbe aver sviluppato una tecnologia simile alla nostra per utilizzare l’energia proveniente dalla stessa. Una sorta di pannelli solari, insomma. Sul nostro pianeta, questa preziosa fonte rinnovabile si sta espandendo molto rapidamente.
A questo punto una domanda nasce spontanea: e se le strutture deputate a raccogliere questa energia venissero usati come indicatori della presenza di vita?
E’ quello che si sono domandati gli autori di uno studio che ha valutato la rilevabilità dei pannelli solari a base di silicio su un pianeta abitabile simile alla Terra.
Sulla Terra, questa tecnologia è molto usata perché le celle fotovoltaiche a base di silicio hanno un’elevata riflettanza nell’ultravioletto e nel visibile oltre che nel vicino infrarosso.
Come spesso accade, nelle ricerche, vengono fatti degli assunti. Per questa si è supposto che una ipotetica civiltà stia utilizzando il fotovoltaico su larga scala basato sul silicio e che il loro pianeta orbiti attorno a una stella simile al Sole.
Partendo da queste premesse, si pensa che le future osservazioni della luce riflessa dagli esopianeti sarebbero in grado di rilevare fotometricamente sia i segnali naturali che quelli artificiali se una frazione significativa della superficie del pianeta è coperta rispettivamente dalla vegetazione o dai pannelli fotovoltaici.
In particolare, viene sfruttata una proprietà spettrale chiamata “edge”, che si ha quando si studia la luce riflessa da una superficie a differenti lunghezze d’onda. Se la superficie riflette maggiormente ad alcune di esse, c’è un notevole aumento del segnale che potrebbe portare all’identificazione di particolari elementi.
Per fare un esempio, la vegetazione che produce fotosintesi ha un aumento nello spettro di luce riflessa se osservato nella banda infrarossa, quello che comunemente viene chiamato Vegetation Red Edge (VRE).
Si stima che la Terra potrebbe generare abbastanza energia per il nostro fabbisogno se solo il 2,4% della su superficie fosse coperto da fotovoltaici a base di silicio.
Il numero del 2,4% è accurato solo se la posizione scelta è ottimizzata. Per la Terra, questo significa il deserto del Sahara, e qualcosa di simile potrebbe essere vero su un mondo alieno, anche se generare energia solare nel caldo del deserto del Sahara è una sfida dato il caldo estremo che riduce l’efficienza e le difficoltà nella costruzione dell’infrastruttura necessaria per fornire l’energia ai centri abitati.
Quindi il passo successivo è pensare che lo stesso approccio possa valere anche per un pianeta simile ad essa attorno a una stella simile al Sole.
La cattiva notizia è che questa tecnologia, ammesso che esista, sarebbe molto difficile da rilevare. Identificare una struttura su un pianeta così distante è molto difficile perchè districare la luce del pianeta da quella della stella richiederebbe centinaia di ore di osservazione per raggiungere un rapporto segnale/rumore accettabile e, nell’intervallo di lunghezze d’onda scelto per calcolare l’impatto dei pannelli di silicio sugli spettri di riflettanza (0,34 μm-0,52 μm), la differenza tra un pianeta con e senza silicio non risulta marcatamente diversa, anche con una copertura del suolo del 23%, pari, sulla Terra, all’intero continente africano.
Ipotizzando un telescopio di 8 metri simile a HWO, concentrandosi sul fenomeno dell’EDGE di riflessione nell’UV-VIS e considerando la variazione della copertura terrestre dei pannelli solari su un esopianeta simile alla Terra, si stima che siano necessarie diverse centinaia di ore di tempo di osservazione per raggiungere un segnale rilevabile per un pianeta coperto per quasi un quarto della sua superficie di pannelli.
Sulla Terra, la Cina ha costruito una vasta centrale solare chiamata Gonghe Photovoltaic Project nella sua provincia scarsamente popolata del Qinghai che genera 3182 MW. L’India ha il parco solare di Bhadla (2245 MW) nel deserto del Thar. L’Arabia Saudita ha costruito diversi nuovi impianti solari e intende costruirne altri. Altri progetti solari innovativi vengono annunciati regolarmente.
Marco Sergio Erculiani