I buchi neri più conosciuti sono estremamente massicci, come quelli che si annidano nei nuclei delle grandi galassie, che arrivano a milioni o addirittura a miliardi di masse solari, oppure relativamente leggeri, come quelli che si originano dal collasso di stelle supergiganti, con una massa però inferiore a 100 volte quella del Sole. I buchi neri di massa intermedia (Intermediate-Massive Black Holes, IMBH), invece, sono un “anello mancante” a lungo ricercato nell’evoluzione dei buchi neri. Finora, nel range di massa compresa fra cento e centomila masse solari, sono stati trovati solo pochi candidati e poco convincenti.
Domande aperte
I buchi neri sono uno degli ambienti più estremi di cui gli esseri umani siano a conoscenza, e quindi sono un banco di prova per le leggi della fisica e per la nostra comprensione di come funziona l’Universo. Se esistono gli IMBH, quanto sono comuni? I buchi neri supermassicci posti al centro delle galassie nascono da un IMBH? Come si formano gli IMBH stessi? Gli ammassi stellari densi (tipicamente, quelli globulari) sono la loro dimora preferita?
Omega Centauri
Omega Centauri è un ammasso globulare visibile dalla Terra a occhio nudo ed è uno degli oggetti celesti preferiti dagli astrofili dell’emisfero australe. Anche se l’ammasso si trova a circa 17.700 anni luce di distanza, appena sopra il piano della Via Lattea, appare grande quasi quanto la Luna piena se visto sotto cieli bui, al riparo dall’inquinamento luminoso. L’esatta classificazione di Omega Centauri si è evoluta nel tempo, man mano che la nostra capacità di studiarlo è migliorata. Fu elencato per la prima volta nel catalogo di Tolomeo quasi duemila anni fa come stella singola. Nel 1677 Edmond Halley lo descrisse come una nebulosa e nel 1830 l’astronomo inglese John Herschel fu il primo a riconoscerlo come un ammasso globulare.
Gli ammassi globulari sono oggetti costituiti da un milione o più di stelle vecchie, tenute strettamente legate insieme dalla gravità e si trovano sia nelle regioni periferiche che centrali di molte galassie, inclusa la nostra. Omega Centauri ha diverse caratteristiche che lo distinguono dagli altri ammassi globulari: ruota più velocemente del normale e la sua forma è molto appiattita. Inoltre, Omega Centauri è circa 10 volte più massiccio di altri grandi ammassi globulari, in pratica è quasi massiccio quanto una piccola galassia nana. È formato, infatti, da circa 10 milioni di stelle legate gravitazionalmente fra loro.
Sette stelle veloci
Adesso, un team internazionale di ricercatori, misurando le velocità di 1,4 milioni di stelle facenti parte dell’ammasso, ha recentemente compilato un enorme catalogo dei moti di questi astri, scandagliando accuratamente oltre 500 immagini dell’ammasso riprese dal telescopio spaziale Hubble. La maggior parte di queste osservazioni avevano lo scopo di calibrare gli strumenti del telescopio piuttosto che finalizzate a un uso scientifico, ma si sono rivelate un database ideale per gli sforzi di ricerca del team in questione. L’ampio catalogo, che a oggi è il più grande catalogo dei moti interni di qualsiasi ammasso stellare, sarà reso presto “aperto”, cioè disponibile a tutti i componenti della comunità scientifica potenzialmente interessati a usarne i dati.
“Abbiamo scoperto sette stelle che non dovrebbero essere lì“, ha spiegato Maximilian Häberle dell’Istituto Max Planck di astronomia in Germania, che ha condotto questa indagine. “Si stanno muovendo così velocemente che dovrebbero letteralmente fuggire dall’ammasso e non tornare mai più. La spiegazione più probabile è che un oggetto molto massiccio attragga gravitazionalmente queste stelle e le mantenga vicine al centro. L’unico oggetto che può essere così massiccio è un buco nero, con una massa di almeno 8200 volte quella del nostro Sole”.
In passato, diversi studi hanno già suggerito la presenza di un IMBH al centro di Omega Centauri. Tuttavia, altre ricerche hanno proposto che la massa potesse essere fornita da un ammasso centrale di buchi neri di massa stellare e avevano anche suggerito che la mancanza di stelle in rapido movimento al di sopra della velocità di fuga necessaria rendeva la presenza di un IMBH un’ipotesi meno probabile in confronto ad altre.
“Questa scoperta è la prova più diretta finora di un IMBH in Omega Centauri”, ha aggiunto la responsabile del team Nadine Neumayer, anche lei del Max Planck Institute for Astronomy, che ha avviato lo studio con Anil Seth dell’Università dello Utah negli Stati Uniti. “Ciò è entusiasmante perché esistono solo pochissimi altri buchi neri conosciuti con una massa simile. Il buco nero in Omega Centauri potrebbe essere il miglior esempio di IMBH nel nostro vicinato cosmico”.
Se confermato, alla sua distanza di 17.700 anni luce il candidato buco nero risiederebbe ben più vicino alla Terra rispetto al buco nero da oltre 4 milioni di masse solari posto al centro della Via Lattea, che è a oltre 26.000 anni luce di distanza da noi. Oltre al centro galattico, sarebbe anche l’unico caso noto di un numero significativo di stelle strettamente legate a un buco nero massiccio.
Approfondire gli studi sul buco nero
Il team scientifico spera ora di caratterizzare meglio il presunto buco nero. Anche se si ritiene che misuri almeno 8200 masse solari, la sua massa esatta e la sua posizione precisa non sono del tutto note. Il team intende anche studiare le orbite delle stelle in rapido movimento, il che richiede ulteriori misurazioni delle rispettive velocità rispetto alla nostra linea di vista. Al team è stato concesso del tempo con il telescopio spaziale James Webb per fare proprio questo tipo di approfondimenti, e ha anche altre proposte in sospeso per utilizzare altri osservatori.Il team scientifico spera ora di caratterizzare meglio il presunto buco nero. Anche se si ritiene che misuri almeno 8200 masse solari, la sua massa esatta e la sua posizione precisa non sono del tutto note. Il team intende anche studiare le orbite delle stelle in rapido movimento, il che richiede ulteriori misurazioni delle rispettive velocità rispetto alla nostra linea di vista. Al team è stato concesso del tempo con il telescopio spaziale James Webb per fare proprio questo tipo di approfondimenti, e ha anche altre proposte in sospeso per utilizzare altri osservatori.
Anche l’Italia protagonista con Mattia Libralato (Inaf)
Di recente, Omega Centauri è stato anche il protagonista di un nuovo rilascio di dati dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea (Esa), che conteneva oltre 500.000 stelle. “Anche dopo 30 anni, il telescopio spaziale Hubble con i suoi strumenti di imaging è ancora uno dei migliori strumenti per l’astrometria ad alta precisione in campi stellari affollati, regioni in cui Hubble può fornire una sensibilità maggiore rispetto alle osservazioni di Gaia”, ha affermato Mattia Libralato, membro del team dell’Istituto Nazionale di Astrofisica in Italia (Inaf), e anch’egli co-autore della ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature. “I nostri risultati mostrano l’elevata risoluzione e sensibilità di Hubble che ci stanno fornendo nuove entusiasmanti intuizioni scientifiche e daranno un nuovo impulso al tema della presenza degli IMBH negli ammassi globulari”.
L’attuale teoria dell’evoluzione delle galassie ipotizza che le prime galassie dovessero avere buchi neri centrali di dimensioni intermedie, che sarebbero poi cresciuti nel tempo man mano che quelle galassie si evolvevano, inglobando galassie più piccole (come ha fatto la nostra Via Lattea) o fondendosi con galassie più grandi. Tali buchi neri di medie dimensioni sono notoriamente difficili da trovare: le galassie come la nostra Via Lattea hanno superato quella fase, contenendo ora buchi neri centrali molto più grandi, mentre le galassie nane invece sono difficili da osservare e rendono estremamente complicato rilevare i loro buchi neri centrali con la tecnologia attuale. Sebbene esistano candidati promettenti, fino ad ora non è mai stato rilevato con sicurezza un buco nero di massa intermedia. Adesso questo studio rafforza l’ipotesi che Omega Centauri sia la regione centrale di una galassia inglobata nella Via Lattea miliardi di anni fa. Spogliato delle sue stelle esterne, il nucleo galattico da allora è rimasto come “congelato nel tempo” e celato all’interno del suo stesso ammasso ospite. Almeno fino all’esito di questa ricerca.