Rilevare oceani e vita su esopianeti rocciosi

SONO STATI PROPOSTI METODI SPETTROSCOPICI PER INDIVIDUARE ANIDRIDE CARBONICA E OZONO

by Marco Sergio Erculiani

La vita non è semplice da trovare nell’universo. La vita è delicata, è permalosa, è suscettibile. I pianeti troppo vicini alla loro stella sono troppo caldi, quelli troppo lontani sono troppo freddi. Ma ci sono alcuni pianeti nella zona abitabile dove essa non disdegnerebbe di esistere.

Fino ad oggi, sono stati scoperti più di 5000 mondi extrasolari. E di ognuno di loro è possibile misurare la distanza di un pianeta dalla sua stella e il tempo necessario per completare un’orbita.

Se dunque da una parte è oggi possibile capire se esistono pianeti nelle zone abitabili teoriche delle loro stelle, meno semplice è capire con certezza se essi abbiano acqua liquida sulla loro superficie.

L’acqua è importante per la vita. Sulla Terra proprio al suo interno la vita ha avuto origine. E in tutto il nostro Sistema Solare, è possibile rilevare la presenza di oceani liquidi osservando i bagliori, lampi di luce solare che si riflettono sulle superfici liquide, se presenti, come nel caso della più grande luna di Saturno, Titano, che ha contribuito a confermare i grandi laghi della luna.

Ma rilevare un barlume simile in pianeti lontani, è, ancora oggi, fuori portata delle attuali tecnologie.

Come fare?

Ci viene in aiuto la spettroscopia. Nel Sistema solare, Venere, Terra e Marte hanno delle somiglianze, perché sono tutti e tre sono pianeti rocciosi e abitano una regione relativamente temperata rispetto al Sole.

Ma la Terra è l’unico pianeta del trio che attualmente ospita acqua liquida. E, a differenza degli altri pianeti, ha significativamente meno anidride carbonica nella sua atmosfera degli altri pianeti. Questo perché, probabilmente, il carbonio è stato rimosso da un forte ciclo dell’acqua, ad opera proprio degli oceani e segregato nella roccia solida su scale temporali geologiche.

Nel corso di centinaia di milioni di anni, sulla Terra, gli oceani hanno assorbito un’enorme quantità di anidride carbonica, quasi pari alla quantità che persiste oggi nell’atmosfera di Venere.

Se dunque un simile esaurimento di anidride carbonica venisse rilevato in un pianeta lontano, rispetto ai suoi vicini, questo sarebbe un indizio affidabile della presenza di oceani liquidi.

Per studiare questo fenomeno, il primo passo è quello di confermare che i pianeti abbiano atmosfere, semplicemente cercando la presenza di anidride carbonica, che dovrebbe dominare la maggior parte delle atmosfere planetarie.

Questa molecola assorbe molto la luce infrarossa e può essere facilmente rilevata nelle atmosfere degli esopianeti. Una volta che gli astronomi hanno determinato che più pianeti in un sistema ospitano atmosfere, si può misurare il contenuto di anidride carbonica all’interno di esse per vedere se un pianeta ne ha significativamente meno degli altri.

Se è così, il pianeta è probabilmente abitabile, il che significa che ospita volumi significativi di acqua liquida sulla sua superficie. Occorre ricordare sempre che, tuttavia, le condizioni abitabili non significano necessariamente che un pianeta sia abitato.

Per capire se esso potrebbe effettivamente ospitare la vita, è stato proposto di cercare un’altra caratteristica nell’atmosfera di un pianeta: l’ozono. Tutti sappiamo infatti che, sulla Terra, le piante e alcuni microbi contribuiscono ad assorbire anidride carbonica e, come parte di questo processo, emettono ossigeno che reagisce con i fotoni del Sole per trasformarsi in ozono, una molecola molto più facile da rilevare rispetto all’ossigeno stesso.

 Se dunque l’atmosfera di un pianeta mostra segni sia di ozono che di anidride carbonica impoverita, è probabile che si tratti di un mondo abitabile e abitato. I candidati più golosi sono i pianeti nell’universo vicino, rilevabili con il telescopio spaziale James Webb, in grado di misurare l’anidride carbonica, e possibilmente l’ozono, in sistemi multiplanetari come Trappist-1, che ospita ben sette pianeti, a “soli”, si fa per dire, 40 anni luce dalla Terra.

Marco Sergio Erculiani

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