La fusione di buchi neri più lontana di sempre

Un team internazionale di astronomi ha utilizzato il telescopio spaziale James Webb per trovare indizi di una fusione in corso tra due galassie e i loro enormi buchi neri supermassicci quando l’Universo aveva solo 740 milioni di anni. Ciò rappresenta la fusione di buchi neri più distante mai osservata nonché il fenomeno di questo tipo più vicino al Big Bang

by Walter Riva

Negli ultimi anni gli astronomi hanno scoperto buchi neri supermassicci con masse da milioni a miliardi di volte quella del Sole al centro delle galassie dell’Universo vicino, inclusa la nostra Via Lattea. Questi buchi neri hanno probabilmente avuto un impatto importante sull’evoluzione delle galassie in cui risiedono. Tuttavia, gli scienziati non comprendono ancora del tutto come questi oggetti siano diventati così massicci. La scoperta di giganteschi buchi neri già presenti nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang indica che tale crescita deve essere avvenuta molto rapidamente e molto presto. Ora, il telescopio spaziale James Webb, sta gettando nuova luce sulla crescita dei buchi neri nell’Universo primordiale.

Le recenti osservazioni del Webb hanno fornito la prova di una fusione in corso tra due galassie e i loro enormi buchi neri quando l’Universo aveva appena 740 milioni di anni. Il sistema è noto con la sigla ZS7.

Nell’immagine sono mostrati tre pannelli che mostrano un’area sempre più piccola del campo galattico del programma JWST PRIMER. La prima immagine mostra un ampio campo di galassie sullo sfondo nero dello spazio. La seconda immagine mostra una regione più piccola di questo campo, rivelando le galassie più in dettaglio, apparendo in una varietà di forme e colori. L’immagine finale mostra il sistema della galassia ZS7, rivelando l’emissione di idrogeno ionizzato in arancione e l’emissione di ossigeno doppiamente ionizzato (OIII) in rosso scuro.

L’impronta dei buchi neri

I buchi neri supermassicci in attività, che accrescono materia, hanno delle caratteristiche spettrografiche distintive che consentono agli astronomi di identificarli. Per le galassie molto distanti, come quelle oggetto di questo studio, queste tracce sono inaccessibili da terra e possono essere viste solo con i telescopi nello spazio come il James Webb.

“Abbiamo trovato prove dell’esistenza di gas molto denso con movimenti rapidi in prossimità del buco nero, nonché di gas caldo e altamente ionizzato illuminato dalla radiazione energetica tipicamente prodotta dai buchi neri durante i loro episodi di accrescimento”, ha spiegato l’autrice principale dello studio, Hannah Übler dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, pubblicato sulle Monthly Notices della Royal Astronomical Society. “Grazie alla nitidezza senza precedenti delle sue capacità di imaging, il Webb ha anche permesso al nostro team di separare spazialmente i due buchi neri”.

Come la Grande Nube di Magellano

Il team ha scoperto che uno dei due buchi neri ha una massa pari a 50 milioni di volte la massa del Sole. “La massa dell’altro buco nero è probabilmente simile, anche se è molto più difficile da misurare perché questo secondo buco nero è avvolto dal gas denso”, ha spiegato Roberto Maiolino, membro del team dell’Università di Cambridge e dell’University College di Londra nel Regno Unito. Per confronto, ricordiamo che il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia ha una massa stimata di circa 4 milioni di masse solari.

“I nostri risultati suggeriscono che la fusione è un percorso importante attraverso il quale i buchi neri possono crescere rapidamente, anche all’alba cosmica”, ha spiegato Übler. “Insieme ad altre scoperte del Webb di buchi neri massicci e attivi nell’Universo lontano, i nostri risultati mostrano anche che i buchi neri supermassicci hanno modellato l’evoluzione delle galassie fin dall’inizio”.

“La massa stellare del sistema che abbiamo studiato è simile a quella della nostra vicina Grande Nube di Magellano“, ha affermato Pablo G. Pérez-González del Centro de Astrobiología (CAB), CSIC/INTA, in Spagna. “Possiamo provare a immaginare come potrebbe essere influenzata l’evoluzione delle galassie che si fondono se ciascuna galassia avesse un buco nero super massiccio altrettanto grande o più grande di quello che abbiamo nella Via Lattea”.

Onde gravitazionali in arrivo

Il team fa anche notare che una volta che i due buchi neri si fonderanno definitivamente, genereranno onde gravitazionali. Eventi come questo saranno rilevabili con la prossima generazione di osservatori di onde gravitazionali, come l’Einstein Telescope o come la prossima missione Laser Interferometer Space Antenna (LISA), che è stata recentemente approvata dall’Agenzia spaziale europea e sarà il primo osservatorio spaziale dedicato allo studio delle onde gravitazionali.

“I risultati del Webb ci dicono che i sistemi più leggeri rilevabili da LISA dovrebbero essere molto più frequenti di quanto si pensasse in precedenza”, ha spiegato Nora Luetzgendorf dell’Agenzia spaziale europea, la scienziata a capo del progetto LISA nei Paesi Bassi.

Questa scoperta deriva da osservazioni effettuate nell’ambito del programma Galaxy Assembly realizzato con la spettroscopia a campo integrale permessa dallo strumento NIRSpec a bordo del Webb. Al team è stato recentemente assegnato un nuovo grande programma nell’ambito del cosiddetto “Ciclo 3” di osservazioni con il Webb, per studiare in dettaglio la relazione tra i buchi neri massicci e le galassie che li ospitano nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang. Una componente importante di questo programma sarà la ricerca sistematica e la caratterizzazione delle fusioni di buchi neri. Questo sforzo determinerà la velocità con cui avviene la fusione dei buchi neri nelle prime epoche cosmiche e valuterà il ruolo della fusione nella crescita iniziale dei buchi neri e il tasso con cui le onde gravitazionali venivano prodotte agli albori dell’Universo.

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