Solitamente siamo abituati a concepire la vita sulla Terra come bidimensionale, ovvero distribuita prevalentemente sulla sua superficie. Spesso l’idea vincente potrebbe essere pensare in maniera laterale. E se su altri pianeti fosse dispersa in atmosfera invece di essere diffusa a terra? Gli esopianeti temperati di tipo sub-nettuniano, potrebbero ospitare una biosfera aerea?
Quello che sappiamo è che questi pianeti hanno atmosfere rigonfie come delle meringhe e questo è un bene dal punto di vista osservativo, in quanto permette di avere un segnale atmosferico più complesso. Tuttavia, è più difficile penetrarvi attraverso per arrivare al suolo ma, come vedremo, in questo caso è proprio l’atmosfera che ci interessa.
I pianeti sub-nettuniani hanno dimensioni comprese tra quelle della Terra e di Nettuno, dovrebbero essere ricchi di acqua e rappresentano ancora un rebus per gli studiosi.
Non si conosce la loro composizione e non è chiaro come si siano formati. Precedenti studi hanno avanzato due teorie sulla loro struttura: la prima ipotizza che siano pianeti nani gassosi con un nucleo roccioso, avvolti da una coltre di idrogeno ed elio, mentre per la seconda si tratterebbe di mondi oceanici, costituiti da rocce, gas e soprattutto acqua liquida e ghiacciata.
A differenza degli esopianeti giganti più grandi, i sub-nettuniani sono molto più comuni nell’intervallo di temperatura temperata e molti di essi transitano davanti a stelle nane M con periodi orbitali di 100 giorni e anche meno. Questo consente più chances per studiare l’atmosfera.
Analogamente, le prospettive e le sfide per la vita aerea sono ugualmente rilevanti per gli esopianeti che orbitano attorno a stelle simili al sole. Le atmosfere dei sub-nettuniani temperati che orbitano attorno a queste stelle possono infatti essere osservate molto più facilmente rispetto alle atmosfere di esopianeti più piccoli delle dimensioni della Terra.
I modelli di circolazione atmosferica per la formazione e la distribuzione di nubi di acqua liquida giocano un ruolo chiave per la comprensione della presenza o meno di vita. Lo studio della presenza di vita in atmosfera deve tener conto, fra le altre cose, dei nuclei di condensazione delle nubi e del flusso di calore interno, dei venti distribuiti su larga scala che possono influire sulla sedimentazione degli eventuali organismi viventi. Il fatto che ci possa essere vita in atmosfera dipende anche dal tempo di residenza degli organismi in mezzo a nubi di acqua liquida, necessarie per il metabolismo e la riproduzione ed il fatto che una massa critica di particelle di vita possa evitare di raggiungere temperature troppo elevate. Infatti, senza una superficie temperata un organismo può raggiungere, trasportato dalle nubi, un ambiente in cui le temperature sono troppo calde per poter sopravvivere.
La sfida più grave e limitante per la vita in un’atmosfera dei sub-nettuniani è la sua stessa origine. Sebbene i cicli umido-secco delle particelle nuvolose potrebbero concentrare gli ingredienti, non sappiamo davvero con certezza da dove la vita sulla Terra abbia avuto origine e anche se tali cicli possano avere giocato un ruolo chiave. Quello che sappiamo è che la scarsità di nutrienti è la seconda sfida più grave alla vita in atmosfera.
Infatti, un’atmosfera planetaria potrebbe ricevere abbastanza ferro da una fascia di asteroidi instabile se il pianeta viene in contatto con meteoriti simili a quelli della Terra, ma tutti gli altri metalli non sarebbero abbastanza abbondanti in atmosfera.
La vita richiederebbe quindi strategie per riciclare e riutilizzare i metalli, o per sostituire la chimica dei metalli con la chimica non metallica. Dal momento che non esiste una superficie convenzionale sui pianeti di tipo sub-nettuniano da cui i minerali potrebbero essere trasportati nella biosfera aerea, come sia possibile recapitare a destinazione gli elementi chiave è un punto ancora aperto.
Detto questo, con tutti i caveat del caso, non è da escludere una situazione in cui un pianeta potrebbe ospitare una biosfera un un’atmosfera temperata, anche se con biomassa molto più bassa rispetto agli oceani della Terra. Immaginate una situazione in cui un pianeta terrestre ospita la vita ma quel pianeta non può essere osservato per varie ragioni (non transita o è troppo piccolo per essere rilevato.
Un pianeta di tipo terrestre potrebbe essere in un sistema con un vicino sub-nettuniano temperato più distante rispetto alla stella ospite e convivente con una fascia di asteroidi instabile. Se il trasferimento interplanetario di ejecta da impatto dal pianeta terrestre che contiene materiale vivente potesse seminare la vita nelle nubi di acqua liquida del pianeta sub-nettuniano, ecco che le sfide riguardo all’insorgenza della vita in atmosfera sarebbero eliminate.
L’instabile fascia di asteroidi infatti fornirebbe materiale meteoritico contenente nutrienti in atmosfera e le forze mareali del pianeta potrebbero indurre attività vulcanica, essenziale per portare nutrienti in atmosfera.
Il caso di K2-18b
Un pianeta candidato che potrebbe essere fonte di studio per ospitare la vita fra le sue nubi è K2-18b, a causa del suo potenziale speciale di avere acqua liquida sia in forma di nubi che sotto forma di oceani al di sotto dell’atmosfera. Le caratteristiche principali del K2-18b in relazione alla dinamica atmosferica sono la sua lenta velocità di rotazione (32 giorni, supponendo che K2-18b sia in risonanza mareale in modo tale che il suo tasso di rotazione corrisponda al suo periodo orbitale), il suo raggio (2,6 raggi terresti) e il riscaldamento stellare moderato. Questi fattori consentono deboli gradienti di temperatura orizzontale ed una circolazione che si inverte dal giorno alla notte. I modelli di circolazione atmosferica di K2-18b mostrano infatti una singola cellula di circolazione planetaria con una circolazione simmetrica giorno-notte e un’efficiente ridistribuzione del calore. In questo pianeta, la massa d’aria si muove verso l’alto sul lato in luce, scorre lontano intorno al pianeta e si gonfia nella zona in ombra per poi ricircolare di nuovo verso le bassa altitudine atmosferica al sopraggiungere del giorno.
Per questo pianeta era stata ipotizzata la presenza anche di dimetil-solfuro (DMS), una molecola che, sulla Terra, è il prodotto della degradazione del dimetilsolfoniopropionato (DMSP), un metabolita di alcune alghe marine. L’atmosfera di K2-18b è principalmente idrogeno, a differenza della nostra atmosfera a base di azoto e il pianeta ha quasi la stessa quantità di radiazione solare della Terra.
Di recente, dall’analisi di modelli computerizzati che tengono conto proprio della fisica e della chimica del DMS e della presenza di idrogeno in atmosfera, è stato scoperto che è improbabile che i dati mostrino la presenza di DMS. Non perché non ci sia, ma perché il segnale si sovrappone fortemente a quello del metano e discernere l’una o l’altra è attualmente al di là delle capacità degli strumenti utilizzati al momento della scoperta del pianeta. Per essere rilevabile, il plancton o qualche altra forma di vita dovrebbe produrre venti volte più DMS di quanto avviene sulla Terra.
Ma dal momento che la chimica delle atmosfere dei pianeti dipende molto dalla composizione atmosferica, dalla fisica e dalle interazioni con la stella madre, su un pianeta con un’atmosfera ricca di idrogeno, potremmo avere maggiori probabilità di trovare DMS prodotto dalla vita invece dell’ossigeno prodotto da piante e batteri come sulla Terra.
Nuove osservazioni del telescopio spaziale James Webb dovrebbero essere finalmente in grado di risolvere il mistero, rivelando definitivamente se il DMS esiste su K2-18b.