Le uova si nascondono dove meno te l’aspetti. Tra le frasche di un albero di quercia, in un morbido e confortevole nido, sottoterra o sotto la sabbia, come le tartarughe marine. Altre ancora navigano mollemente nei fiumi o sono attaccate ad un filo d’erba.
Altre si trovano nello spazio profondo e, sebbene non siano vere e proprie uova, hanno comunque una parte fondamentale nel destino dell’Universo. Il primo uovo che presento è un uovo di pettirosso o Robin’s Egg Nebula la nebulosa planetaria NGC 1360 situata nella costellazione della Fornace.
L’alta concentrazione di OIII e il materiale rossastro al centro sono il segno che questo oggetto è il prodotto di una stella nella fase finale della sua evoluzione. C’è della poesia nel fatto che molte stelle, divenute nebulose planetarie, ritornino sotto forma di uovo nelle ultime fasi della loro vita, prima del collasso. Un po’ come lo straordinario caso di Benjamin Button. Al centro di questo uovo cosmico ci sono due stelle. Una è di classe spettrale O, molto più calda del Sole e l’altra è una nana bianca. La prima ha una massa circa la metà di quella del Sole (0,555 masse solari) mentre l’altra poco di più (0,679 masse solari).
Il secondo uovo che voglio illustrare è un uovo di cigno, situato nell’omonima costellazione a 3000 anni luce da noi ed è chiamata appunto Nebulosa Uovo o, meno poeticamente, RAFGL 2688 e CRL 2688 (vedi l’immagine di apertura).
Si tratta di una nebulosa protoplanetaria a due poli, dove la stella centrale è attorniata da archi brillanti. Il materiale espulso dalla stella oscura, parte della sua radiazione e la prorompente luce dell’astro, si fanno strada fra le coltri di gas più sottili, illuminando qualunque superficie riesca a lambire. La nebulosa uovo emette luce polarizzata e la sua particolare struttura denota la presenza di un persistente momento angolare.
L’ultimo oggetto di cui voglio parlare è un uovo di pinguino. L’immagine mostra due galassie interagenti complessivamente note come Arp 142. Interagenti anche perché rappresentano l’immagine di un pinguino che, curvo sul proprio uovo, lo protegge dal freddo siderale. Cosa c’è di più interagente di questo legame?
Questa immagine è stata ottenuta grazie ai telescopi spaziali Spitzer e Hubble della Nasa, rispettivamente nell’infrarosso e nel visibile.
Sebbene molto differenti, queste due galassie sono collegate dalla reciproca attrazione gravitazionale come il filo invisibile che lega la propria madre alla sua prole.
Il pinguino in questione è NGC 2936, una galassia a spirale che un tempo aveva bracci simmetrici ma che ora risulta modificata, appiattita e distorta dalla gravità della compagna, l’uovo che essa stessa protegge. Quest’ultimo è NGC 2937, una galassia vecchia che ospita stelle altrettanto anziane. Il destino di queste due galassie è di fondersi come un solo oggetto, mescolando il proprio gas, le proprie stelle e la propria polvere. Come accade nel grembo materno. Un abbraccio distante 23 milioni di anni luce.