I Moche e il culto della Luna e dell’astronomia

testimonianze dal tempio Huaca Pintada nel nord del Perù

Un dettaglio del murale trovato nel tempio Huaca pintada che apparteneva alla civiltà Moche (primo-ottavo secolo d.C.). Crediti: AFP

Recentemente gli archeologi hanno riscoperto, nel nord del Perù, un affresco preispanico che raffigura scene mitologiche. Questi dipinti, che potrebbero avere 1000 anni, erano stati visti solo in fotografie in bianco e nero, e circolavano più di un secolo fa. L’affresco fa parte del tempio Huaca Pintada, che apparteneva alla civiltà Moche che fiorì tra il primo e l’ottavo secolo. Il murale scoperto è lungo circa 30 metri e le sue immagini in blu, marrone, rosso, bianco e giallo senape sono eccezionalmente ben conservate.

Gli affreschi sono ispirati dall’idea di una gerarchia sacra costruita attorno a un culto di antenati e ai loro intimi legami con le forze della natura. La scoperta è anche insolita in quanto mostra una miscela di stili ed elementi di due culture pre-Inca: i Moche e i Lambayeque, che vissero sulla costa settentrionale del Perù tra il 900 e il 1350 d.C. Il popolo dei Moche venerava la Luna, la pioggia, le iguane e i ragni.

Si, la dea della luna, era la più potente per i Moche, ancora più potente del Sole, poiché controllava le stagioni e le tempeste e poteva apparire di notte e alla luce del giorno. In generale, per la civiltà Inca, l’astronomia era molto importante soprattutto a causa del suo uso nella religione e nell’agricoltura.

Gli Incas erano in grado di individuare i solstizi, gli equinozi e i cambi di stagione per stabilire quale era il momento migliore per la semina e il raccolto. Inoltre, durante l’impero Inca, la distribuzione urbana della città di Cuzco imitava le costellazioni nel cielo a tal punto che la città aveva la forma di un puma, con la fortezza di Sacsayhuaman che occupava la posizione della testa del felino e il tempio di Coricancha, la coda. Per loro il mondo era diviso nel mondo superiore o degli dei (Hanan pacha), il mondo terreno o dei vivi (Kay pacha) e il mondo inferiore o dei morti (Uku pacha).

Gli Inca avevano già identificato le costellazioni, abbinandole a immagini della loro vita quotidiana. Sostanzialmente identificarono due tipi di costellazioni. Il primo tipo era composto da stelle che creavano immagini di animali e divinità. Il secondo tipo era costituito da regioni scure della Via Lattea che erano considerate avere una vita propria. La Via Lattea era infine considerata come un enorme fiume che, sulla Terra, veniva assimilato alla fonte della vita, Mayu in lingua quechua. Per gli Inca, cielo e Terra erano collegati. Così Mach’acuay, Hanp’atu, Yutu, Urcuchillay, Atoq e Chakana, diventavano il serpente, il rospo, la fiamma, la pernice, la volpe e la croce del sud. La civiltà inca costruì molti osservatori astronomici in tutto il loro impero, che comprendeva parti dell’attuale Perù, Bolivia, Ecuador, Cile, Argentina e Colombia e, solitamente, erano situati nei templi e in cima alle montagne per essere vicini al cielo e scorgere meglio il Sole, la Luna, le stelle, le montagne. Per le osservazioni astronomiche usavano meridiane chiamate Intihuatana, specchi d’acqua o punti panoramici.

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