Quaranta miliardi di miliardi di buchi neri

UN CENSIMENTO UNIVERSALE PRODOTTO ALLA SISSA DI TRIESTE

A view of the M87 supermassive black hole in polarised light

Quanti buchi neri ci sono nell’universo? Una questione intrigante che è stata recentemente affrontata dal PhD della Sissa Alex Sicilia, con la supervisione del professor Andrea Lapi e del ricercatore Lumen Boco, assieme ad altri collaboratori della Sissa e di altre istituzioni nazionali e internazionali.

Gli autori hanno studiato la demografia dei buchi neri stellari, le cui masse arrivano fino a quella di un centinaio di nostri soli, che si originano alla fine della vita delle stelle più luminose. Secondo la nuova ricerca, una considerevole quantità dell’intero contenuto di materia ordinaria (barionica) del cosmo, circa l’uno per cento, è racchiusa al loro interno. Nello stesso studio i ricercatori sono riusciti a stimare il numero di buchi neri nell’universo osservabile (una sfera del diametro di circa 90 miliardi di anni luce) al tempo presente: sarebbe di circa 40 miliardi di miliardi.

Con un innovativo metodo computazionale, i ricercatori hanno ricavato il numero di buchi neri stellari e la distribuzione della loro massa attraverso l’intera storia dell’Universo. Ma non è questo l’unico tema affrontato dagli scienziati in questo studio. In collaborazione con Ugo Di Carlo e Michela Mapelli dell’Università di Padova, hanno anche esplorato i possibili canali di formazione dei buchi neri di differenti masse: da stelle isolate, da sistemi binari o dagli ammassi stellari. Secondo i loro studi, i buchi neri stellari più massivi hanno origine principalmente da eventi dinamici negli ammassi stellari. Più precisamente, i ricercatori hanno dimostrato come questi eventi possano spiegare la funzione di massa dei buchi neri che riescono a fondersi in buchi neri più grandi, come stimata dall’osservazione delle onde gravitazionali dalla collaborazione Ligo/Virgo.

Questo lavoro fornisce anche una teoria per l’origine di buchi neri leggeri nell’Universo primordiale, che a loro volta sono stati dei “semi” per la crescita di buchi neri più pesanti e persino per i supermassivi, come quello che si trova annidato nella galassia M87 (vedi in figura l’immagine della sua “ombra” realizzata da Eht e rielaborata in luce polarizzata).

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Direttore editoriale di Cosmo