In orbita attorno alla Terra c’è un sacco di spazzatura spaziale. Detriti che sono il risultato del disfacimento di satelliti e rottami metallici di varie dimensioni. Questo affollamento è un grosso problema in quanto la collisione di questi pezzi di detriti spaziali può danneggiare a sua volta altri satelliti e, ancora peggio, mettere in pericolo le missioni con equipaggio.
A una velocità orbitale tipica di 35.400 chilometri all’ora, un pezzo di detriti spaziali delle dimensioni di una piuma può colpire un altro oggetto con la stessa energia di un incidente d’auto in autostrada, mettendo potenzialmente fuori servizio un satellite.
Inoltre, i detriti spaziali spesso si scontrano l’uno con l’altro, frammentando pezzi più grandi in piccoli pezzi non rilevabili e si pensa che la quantità di detriti spaziali possa crescere in modo esponenziale man mano che i singoli pezzi continuano a scontrarsi, provocando alla fine il caos sull’infrastruttura su cui facciamo affidamento per il GPS, i dati dei telefoni cellulari, il monitoraggio meteorologico e altro ancora. Quindi il loro tracciamento è fondamentale.
Quando si scontrano, alcuni di essi si vaporizzano in un gas elettricamente carico, a causa del calore generato dall’impatto e quando la nube di gas carico e frammenti di detriti si espande, crea esplosioni di energia simili a fulmini. Quando i frammenti sono abbastanza vicini l’uno all’altro, possono creare impulsi elettrici che durano solo una frazione di secondo, ma potrebbero aiutare a tracciare pezzi di detriti spaziali e nuvole di frammenti microscopici che si formano quando i detriti impattano fra loro.
Per esempio, quando due pezzi di alluminio si scontrano a velocità orbitali tipiche, emettono un lampo elettrico abbastanza forte da essere rilevato da terra da una parabola di 26 metri con un ricevitore radio di alta qualità.
Ma più gli oggetti diventano piccoli, più diventa difficile vedere luce solare riflessa o segnali radar abbastanza forti da rilevarli da terra. Ad oggi, gli oggetti più grandi di una palla da softball sono gli unici pezzi tracciabili di questa spazzatura spaziale, che rappresenta meno dell’1% dei quasi 170 milioni di pezzi di spazzatura rimasti da lanci di razzi, passeggiate spaziali e satelliti defunti.
Tuttavia, il nuovo metodo è in grado di rilevare detriti di diametro inferiore a un millimetro. I risultati sono tra i primi a provenire da un progetto collaborativo più ampio finanziato dal programma di identificazione e tracciamento dei detriti spaziali Awarded Research Projects Activity guidato dall’appaltatore militare Blue Halo e dall’Università dell’Alaska Fairbanks.
Sebbene ci sia ancora molto da fare a riguardo, e la frequenza dei segnali elettrici possa variare in base alla velocità della collisione e al materiale di cui sono fatti i detriti e sebbene per poter essere rilevati i segnali elettrici devono essere più forti dei segnali di fondo dello strumento e passare attraverso l’atmosfera superiore della Terra, sono state gettate le basi per cominciare a monitorare la gran messe di rottami e particelle metalliche in orbita e gli studi sono volti alla rilevazione di una gamma di segnali elettrici sempre più varia, generati durante le collisioni di detriti spaziali, che potrebbero determinare non solo dove si trovano i detriti spaziali, ma anche come appaiono e di cosa sono fatti.