Lontano nell’universo esistono mondi remoti che lo sguardo a stento raggiunge. In uno di questi recessi remoti esiste un pianeta catalogato come VHS 1256 b. Si trova a circa 40 anni luce di distanza e orbita attorno a due stelle con un periodo di 10mila anni.
Il pianeta, che ruota attorno a sé stesso ogni 22 ore, è circa quattro volte più lontano dalle sue stelle di quanto lo sia Plutone rispetto al nostro Sole e questo rende la sua osservazione decisamente difficile. Ciò che lo rende un bersaglio interessante è però che, data la sua distanza dalle sue stelle madri, la sua luce non è mescolata ad esse.
Nella sua atmosfera, si agitano nubi di silicati, con temperature che raggiungono il torrido valore di ben 815 °C. I grani di polvere di silicato che le compongono possono avere dimensioni differenti, più grandi o più piccoli. I primi sono simili alle minuscole particelle presenti nel fumo, mentre i granelli più grandi potrebbero essere più simili a particelle di sabbia. Il pianeta VHS 1256 b ha una bassa gravità e questo ci dice che le nubi di silicati possono restare in alto nella sua atmosfera, dove sono più facilmente osservabili.
Inoltre, la sua luminosità cambia così drammaticamente che risulta essere l’oggetto planetario più variabile conosciuto fino ad oggi. Oltre al silicio, nella sua atmosfera sono presenti anche acqua, metano e monossido di carbonio oltre che anidride carbonica. Questo è il più grande numero di molecole mai identificate tutte in una volta su un esopianeta. D’altra parte, il pianeta è giovane: sono passati solo 150 milioni di anni da quando si è formato e continuerà a cambiare e raffreddarsi per miliardi di anni.
Il telescopio James Webb sta facendo quello che fino a qualche decennio fa non si osava nemmeno sperare: fare una analisi completa in un singolo spettro delle molecole presenti dell’atmosfera di un esopianeta. E lo sta facendo grazie agli spettri raccolti da due strumenti: il Near-Infrared Spectrograph (NIRSpec) e il Mid-Infrared Instrument (MIRI).
Per poter studiare gli esopianeti e l’eventuale presenza della vita su di essi è necessario conoscere molto bene le caratteristiche della stella che li ospita. Grazie ai transiti e alle occultazioni, è possibile avere dati preziosi sulle proprietà di trasmissione e assorbimento atmosferiche oltre che, usando le curve di fase, alla misura della capacità termica e dell’albedo di questi pianeti. Durante un transito, il flusso di luce della stella che giunge fino a noi diminuisce periodicamente ogni volta che il pianeta di interpone fra essa e la nostra linea di vista, oscurandola parzialmente.
I transiti forniscono importanti informazioni dovute alle variazioni nel tempo dell’atmosfera, consentendo anche di fare spettroscopia sia in trasmissione che in emissione. La spettroscopia in trasmissione, possibile solo quando il pianeta transita davanti alla sua stella ospite lungo la linea di vista, permette di dedurre le principali sorgenti di opacità presenti nell’alta atmosfera del pianeta, mentre la spettroscopia in emissione si fa osservando l’emisfero diurno del pianeta e sfruttando la sua occultazione durante il transito secondario, e fornisce prove sulla struttura termica dell’atmosfera planetaria e sulle proprietà di emissione/riflessione della superficie planetaria.
Cosa diventerà questo pianeta tra qualche miliardo di anni?
Dal momento che è così lontano dalle sue stelle, probabilmente diventerà più freddo nel tempo e i suoi cieli potrebbero passare da nuvolosi a limpidi.