Meno famosa della cometa interstellare 3I/Atlas e della più brillante cometa C/2025 A6 Lemmon, oggetto di tante foto realizzate dai lettori di Cosmo2050 (vedi il sto a questo link), la cometa C/2025 K1 Atlas si è recentemente esibita in un fenomeno catastrofico.
Dalla Nube di Oort
La cometa è stata scoperta nel maggio 2025 grazie al programma Atlas (Asteroid Terrestrial-Impact Last Alert System), un programma di ricerca finanziato dalla Nasa che utilizza quattro telescopi (due alle Hawaii, uno in Cile e uno in Sudafrica) per scandagliare ogni notte in modo automatico il cielo alla ricerca di oggetti asteroidali potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta. Una delle ricadute scientifiche di questo programma è la continua scoperta di comete, come anche la 3I/Atlas.
La C/2025 K1 Atlas è stata classificata come “cometa iperbolica”, in quanto dalla scoperta fino ai primi di novembre, si è mossa su un’orbita aperta. Ma non è una cometa interstellare, perché le integrazioni a ritroso del suo moto ci dicono che proviene dalla nube di Oort, ai confini del Sistema solare, e che questo è probabilmente il suo primo transito nella zona interna del Sistema: è una cometa “dinamicamente nuova”.
Una macchina del tempo
Ai primi di ottobre è passata dal punto di minima distanza dal Sole (perielio) a circa 0,33 Unità Astronomiche, appena al di fuori dell’orbita di Mercurio. A causa dell’avvicinamento al Sole ha subito un aumento notevole della temperatura degli strati superficiali e interni del nucleo.
Proprio le condizioni in cui ci si aspetta un evento di frammentazione: a seconda delle proprietà interne del nucleo, è possibile che questo effetto determini un’improvvisa e violenta fuoriuscita di gas e polveri e la conseguente rottura del nucleo, in pochi pezzi o addirittura in una nuvola di frammenti e detriti che si distribuiscono lungo la traiettoria della cometa originale.
Questo è quello che sembra essere successo il 10 novembre scorso alla “cometa dorata”, com’è stata ribattezzata nelle ultime settimane la C/2025 K1 Atlas, preceduto da due episodi di improvviso aumento della luminosità, dovuto proprio all’aumento dell’espulsione di materiale da parte degli strati superficiali).
Gli eventi di “rottura” di un nucleo cometario hanno un alto valore scientifico, soprattutto se si tratta di una cometa primordiale, come in questo caso. L’esposizione del materiale al suo interno permette di esplorare la composizione chimica di un corpo praticamente inalterato dal momento della sua formazione, durante le prime fasi di formazione del Sistema solare. Una vera e propria “macchina del tempo”, insomma, che ci riporta alle condizioni iniziali della nostra nebulosa planetaria, in cui alcuni planetesimi si sono aggregati per costruire i primi corpi protoplanetari e altri sono rimasti come residui primordiali che gli astronomi possono studiare oggi.
In figura, la cometa C/2025 K1 (Atlas) osservata nella notte tra l’11 e il 12 novembre con il telescopio Copernico da 1,82 metri di diametro dell’Osservatorio di Asiago, proprio mentre si stava frantumando (F. Ferrigno/Inaf/Univ. Parthenope).