Caccia alle sfere di Dyson

UNA TECNOFIRMA DI CIVILTA’ MOLTO PIU’ AVANZATE DELLA NOSTRA

by Marco Sergio Erculiani

Rilevare la vita nell’universo è da sempre il sogno degli astronomi: sapere che non siamo soli in questo immenso oceano nero. La ricerca delle tecnofirme è uno dei molti approcci che vengono utilizzati in questa ricerca. Ad essere sinceri, potremmo aver già rilevato tecnofirme provenienti da una civiltà tecnologica, ma i dati potrebbero essere nascosti nei vasti tesori che sono gli archivi di dati astronomici.

Una delle vie per cercare la vita intelligente su altri pianeti è la rilevazione delle impronte delle sfere di Dyson. Dyson era uno scienziato che ipotizzò delle immense strutture ingegneristiche poste intorno a una stella e in grado di acquisirne l’energia radiante in modo da poterla utilizzare per alimentare una civiltà. Per un osservatore terrestre, queste strutture produrrebbero una diminuzione del flusso per effetto dell’occultazione della stella e un eccesso di radiazione infrarossa. Sebbene negli anni 60 questa ipotesi venisse considerata fantascientifica, sembra essere oggi fra le più attraenti e discusse forme di tecnofirme.

Nel 2015, un gruppo di ricerca del Fermilab di Batavia, Illinois, operò un esperimento proprio per cercare questi misteriosi artefatti. Un esempio di presunta sfera di Dyson oggi confutato è l’oggetto denominato KIC 8462852 che, secondo gli studi, sarebbe il risultato di un disco di polveri posto attorno alla stella che ne attenua la luce.

Una collaborazione di Svezia, India, Regno Unito e Stati Uniti ha sviluppato un modo per cercare sfere di Dyson, chiamando il progetto Project Hephaistos, dal nome di Efesto, il dio greco del fuoco e della metallurgia.

Lo studio analizza le osservazioni ottiche e infrarosse provenienti dalle missioni Gaia, 2MASS e WISE, survey astronomiche su larga scala progettate per scopi diversi. Ognuno di essi ha generato un’enorme quantità di dati provenienti da singole stelle. Dall’analisi fotometrica, è possibile individuare potenzialmente più di 5 milioni di sorgenti per costruire un catalogo di potenziali sfere di Dyson e passare al setaccio tutti i dati raccolti. Per questo è stata sviluppata una tecnica per farsi strada attraverso i dati.

Il nucleo della ricerca è analizzare la radiazione infrarossa in eccesso. Tali strutture, infatti, emetterebbero calore di scarto sotto forma di radiazione nel medio infrarosso. In teoria sembra semplice, ma esistono anche altri oggetti in grado di farlo, come gli anelli di polvere circumstellare e le nebulose. Anche le galassie di fondo possono emettere un eccesso di radiazione infrarossa e creare falsi positivi.

È dunque necessario costruire un filtro per eliminare i falsi positivi. I risultati mostrano un sorprendente numero di 368 fonti sopravvissute alla scrematura ma, di queste, 328 sono state respinte come miscele di gas, mentre 29 sono state respinte come dati irregolari e quattro come nebulose. Sono rimaste solo sette potenziali sfere di Dyson su circa 5 milioni di oggetti iniziali, e non ci sono, al momento, altre spiegazioni alterative.

Potrebbero esserci altre ragioni per cui i sette emettono infrarossi in eccesso, come un tipo di disco di detriti chiamato Extreme Debris Disks (EDD). Tuttavia, le stelle scelte sono nane rosse di tipo M e dalla teoria si sa che i dischi di detriti attorno alle nane M sono molto rari sebbene alcune ricerche suggeriscano che i dischi di detriti attorno alle nane M si formino in modo diverso e si presentino in modo diverso.

Il passo successivo sarà fare spettroscopia ottica per comprendere le emissioni di H-alfa, importante per scartare o verificare la presenza di dischi giovani.

Marco Sergio Erculiani

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