Le nane brune e i loro limiti inferiori

ALLA RICERCA DEL CONFINE TRA grandi PIANETI E piccole STELLE

La parte centrale dell'ammasso stellare IC 348 ripreso dalla Nircam del telescopio spaziale James Webb. Le tre nane brune, meno di otto volte la massa di Giove, sono cerchiate nell'immagine principale e mostrate nei disegni a destra. La più piccola pesa solo tre o quattro volte Giove, sfidando le teorie sulla formazione stellare (NASA, ESA, CSA, STScI, K. Luhman/Penn State University e C. Alves de Oliveira/Esa)

Le nane brune, dette anche “stelle fallite”, sono l’anello di collegamento tra le stelle e pianeti. Si formano come stelle, crescendo abbastanza dense da collassare sotto la loro stessa gravità, ma non diventano mai abbastanza dense e calde da iniziare a fondere l’idrogeno e trasformarsi in una stella.

All’estremità inferiore della scala, alcune nane brune sono paragonabili ai pianeti giganti, pesando solo poche volte la massa di Giove. Anche se con questi epiteti la loro autostima sembrerebbe non essere delle migliori, esse sono comunque più massicce di Giove, ma non hanno la massa sufficiente per bruciare l’idrogeno, che è il combustibile che le stelle di piccola massa usano per brillare. Lo usano anche quelle grandi, ma una volta finito cominciano a bruciare anche elementi via via più pesanti.

Essendo decisamente scure, queste sottospecie di stelle non sono state osservate fino a metà degli anni ‘90. Sono piccole, scure e non brillano e ce ne sono migliaia di milioni nella Via Lattea. Ma cosa avranno di tanto speciale allora?

Depositi di litio

Sono molto interessanti perché si pensa che potrebbero conservare intatto al loro interno il litio. Lo stesso che viene usato per stabilizzare l’umore e nelle batterie della auto. Intatto perché non bruciando combustibile al litio non ci arrivano. Questo elemento viene anche chiamato “petrolio bianco” a causa della sua rarità.

Negli ultimi vent’anni gli astronomi hanno seguito i moti orbitali delle binarie formate dalle nane brune nelle vicinanze solari, determinandone le masse attraverso le leggi di Keplero. In alcuni di questi sistemi, composti da una stella e una nana bruna, la prima ha una massa sufficiente per bruciare il litio, mentre la seconda no. Uno di questi oggetti, Reid 1B, è un vero e proprio deposito di litio cosmico, la cui origine risale a prima della formazione del suo sistema. Posto a 16.9 anni luce da noi, Reid 1B ha un’età di 1,1 miliardi di anni e una massa dinamica 41 volte quella di Giove.

Il litio è importante perché ci permette di stimare la massa di una stella con un certo grado di precisione, sulla base delle reazioni nucleari. Le masse termonucleari trovate in questo modo dovrebbero essere coerenti con le masse dinamiche trovate con le leggi di Keplero. I ricercatori hanno tuttavia scoperto che il litio viene conservato fino a una massa dinamica inferiore del 10% rispetto a quella prevista dai modelli teorici più recenti. Allora i modelli sono errati, oppure non sappiamo ancora tutto del comportamento delle nane brune.

Il litio primordiale è stato creato 13,8 miliardi di anni fa, insieme all’idrogeno e all’elio, come risultato delle reazioni nucleari avvenute da quella devastante palla di fuoco primordiale che è stato il Big Bang. Ad oggi la quantità iniziale è quadruplicata poiché, anche se viene bruciato all’interno delle stelle o distrutto in altri processi, viene anche creato in eventi esplosivi come novae e supernove, arricchendo l’Universo di questo preziosissimo elemento e facendo sì che le nane brune come Reid 1B possano avvolgerlo e proteggerlo come se fosse uno scrigno di tesori nascosti.

I limiti inferiori

C’è un limite inferiore sotto il quale una stella non si può più definire tale? Attualmente gli astronomi sono alla ricerca degli oggetti più piccoli che possono formarsi in modo simile a una stella. L’attuale record è detenuto da una minuscola nana bruna fluttuante con solo tre o quattro volte la massa di Giove

Per localizzare questa nana bruna, è stato setacciato l’ammasso stellare IC 348, situato a circa 1000 anni luce di distanza nella regione di formazione stellare di Perseo. Dal momento che esso è relativamente giovane (ha 5 milioni di anni), le nane brune sono ancora relativamente luminose nella luce infrarossa, e brillano per il calore della loro formazione.

Grazie alla NIRCam (Near-Infrared Camera) del telescopio spaziale Webb e all’array di microshutter NIRSpec gli astronomi sono riusciti ad arrivare laddove l’occhio umano non riesce a spingersi e determinare quali oggetti rossi erano nane brune puntiformi e quali erano galassie di fondo.

La ricerca ha portato all’identificazione di tre intriganti oggetti che pesano da tre a otto masse gioviane, con temperature superficiali che vanno da 830 a 1500°C. Il più piccolo di essi pesa solo tre o quattro volte Giove, secondo i modelli.

Spiegare come una nana bruna così piccola possa formarsi è teoricamente impegnativo. Per formare una stella, si parte da una nube di gas pesante e densa. Ma per le stelle piccole, a causa della gravità più debole, è più difficile per le nubi madri collassare per formare le nane brune. Questo è vero soprattutto per le nane brune con le masse comparabili a quelle di pianeti giganti.

La continua ricerca degli esopianeti ha infatti portato alla scoperta di pianeti molto grandi. In questo contesto, le nane brune meno massicce si sovrappongono agli esopianeti più grandi e quindi ci si aspetterebbe che esse abbiano alcune proprietà simili. 

Dal momento che gli oggetti trovati sono ben all’interno della gamma di massa dei pianeti giganti, si pone la questione se siano effettivamente nane brune o se siano davvero pianeti canaglia espulsi da qualche sistema planetario. 

Ma l’espulsione di un pianeta gigante è improbabile per due motivi. Il primo è che tali pianeti sono rari in generale rispetto ai pianeti con masse più piccole. Poi, la maggior parte delle stelle è di piccola massa e i pianeti giganti sono particolarmente rari tra queste stelle. Di conseguenza, è improbabile che la maggior parte delle stelle in IC 348, che sono stelle di piccola massa, siano in grado di produrre pianeti così massicci e, dal momento che l’ammasso ha solo 5 milioni di anni, probabilmente non c’è stato abbastanza tempo perché i pianeti giganti si formassero e poi venissero espulsi dai loro sistemi. I modelli suggeriscono che comunque che i pianeti canaglia si trovino alla periferia di un ammasso stellare; quindi, l’espansione dell’area di ricerca potrebbe identificarli, se presenti, all’interno di IC 348.

Due degli oggetti identificati, inoltre, mostrano la presenza di un idrocarburo non identificato, una molecola contenente sia atomi di idrogeno che di carbonio. La stessa firma infrarossa è stata rilevata dalla missione Cassini della Nasa nelle atmosfere di Saturno e della sua luna Titano, oltre che nel mezzo interstellare.

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