Avete mai provato quella sensazione di libertà mista a precarietà che nasce nell’anima ogni volta che, soli, vi immergete nell’osservazione del cielo notturno? Sdraiarsi a terra fa sentire più piccoli e vulnerabili, una prospettiva ulteriormente rafforzata dalla vastità della cupola cosmica che ci sovrasta.
Infatti, la posizione migliore per esplorare le mille luci che brillano sopra la nostra testa ed osservare il cielo è distesi, con il naso all’insù. Ovviamente questo va a scapito di ciò che possiamo osservare. In effetti, se osservassimo dritto sopra di noi, non vedremmo tutto il cielo, ma solo un angolo di circa 150 gradi, che è l’apertura visiva che il nostro occhio può donarci.
Ma cosa vediamo effettivamente sopra di noi?
Questo dipende dalla latitudine a cui ogni persona si trova e dalla declinazione dell’oggetto. Una regola semplice è che ogni stella con una declinazione uguale alla latitudine del luogo di osservazione, passa attraverso lo zenit locale.
Per esempio, la declinazione della stella invernale Capella è +46,0° (46° a nord dell’equatore celeste). Questo vuol dire che, essa passa circa allo zenit per gli abitanti del nord Italia, e questo la rende la stella più luminosa che passa sopra questa latitudine. Capella è anche la stella più luminosa visibile al nadir, il punto nel cielo direttamente opposto allo zenit. Anche Deneb è vicina allo zenit, con una declinazione di +45,3.
Se per esempio ci trovassimo a Vancouver, sarebbe Alkaid, la stella dell’Orsa Maggiore, a ruotare allo zenit con una declinazione di +49,3° mentre a Città del Messico, che ha una latitudine di 19,4 ° N, è Arturo che sfiora lo zenit a una distanza di soli un paio di decimi di grado.
A New Orleans, 30° N, sono invece i gemelli Gemelli Castore e Polluce che si trovano a cavallo del punto sopra di noi, mentre a Kansas City, in Missouri 39,1 ° N, è Vega la vera star e a La Paz in Bolivia, Sirio, con i suoi 16,5° S è la stella notturna più luminosa di tutte.
Andando a latitudini più estreme, come lo è Elephant Island, in Antartide (61,1 ° S), il duo di Alpha e Beta Centauri, della Croce del Sud brillavano all’epoca sopra la testa da L’equipaggio della nave Endurance, guidato dall’esploratore polare Ernest Shackleton, che rimase bloccato sull’isola per 4 mesi e mezzo nel 1916. Durante le lunghe notti polari quegli uomini le avrebbero viste direttamente sopra la loro testa.
Lo zenit è speciale anche per un altro motivo. Guardando dritto verso l’alto, la luce che proviene dalle stelle deve oltrepassare la minima quantità di aria rispetto a tutti gli altri angoli di vista. In parole povere, gli oggetti celesti che stanno sopra di noi sono più luminosi. Ogni grado di inclinazione dello zenit aumenta il grado di assorbimento atmosferico e oscura ulteriormente gli oggetti celesti. Questo succede anche per i pianeti. Venere, ad esempio, che regna come una regina nel cielo primaverile, diminuisce la sua luminosità di più di 100 volte quando da una elevazione di 30°, passa appena sopra l’orizzonte! Questo perché la quantità di atmosfera che filtra la luce e che si misura in masse d’aria fa sì che per ogni unità di questa grandezza, la magnitudine viene attenuata di 0,16 volte. All’orizzonte la luce filtra attraverso 40 masse d’aria, vapore acqueo, polvere e aerosol, che riducono la luce di fari a tenui lumicini.
Lo zenit magnetico
Esiste anche uno zenit magnetico, che viene particolarmente rivelato quando il cielo è inondato di aurora polari durante le emissioni coronali e segna la direzione del campo magnetico locale, le linee del campo magnetico che avvolgono il nostro pianeta.
Al polo magnetico che si trova a nord (tecnicamente è un polo sud magnetico), attualmente situato nell’Oceano Artico alla latitudine 86,1° N e 146,4° E, la punta di una bussola ad ago punterebbe dritta verso il basso e l’altra estremità dritta verso lo zenit magnetico, mentre al polo opposto, in Antartide, magnetico l’ago punterebbe dritto verso l’alto. All’equatore magnetico esso sarebbe orizzontale.
Nelle aurore (boreali a nord e australi al sud), la parte superiore di un raggio aurorale visto esattamente allo zenit magnetico sembra una macchia o un segmento, perché stiamo guardando verso l’alto fino al suo punto di fuga, ma lo stesso raggio, visto a pochi gradi dallo zenit magnetico, assume la forma di un lungo raggio appuntito. Quando più raggi paralleli pendono dall’unico punto di fuga, si forma una straordinaria figura esplosiva.