Che il massimo di questo ciclo solare – il 25esimo da quando li contiamo – fosse più arzillo dei precedenti lo sapevamo già. Avvisaglie c’erano state lo scorso 5 novembre, con l’avvistamento di un’aurora boreale a basse latitudini e, soprattutto, con la presenza negli ultimi mesi di un numero di macchie solari che non si vedeva da anni. Ma alzi la mano chi prima del 10 maggio pensava di assistere a un tale spettacolo, pur annunciato dai bollettini del Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dalla comparsa della cospicua regione attiva AR 3664, estesa come una quindicina di Terre messe in fila, che prometteva tempesta (magnetica).
Limitandosi all’Italia, l’aurora è stata vista pressoché ovunque e ogni località del Bel Paese (eccetto quelle più devastate dall’inquinamento luminoso) si è tinta di rosa. Già, perché, in realtà, nella maggior parte dei casi, non si è trattato di un’aurora vera e propria (che deriva dall’interazione diretta delle particelle del vento solare che penetrano in atmosfera, soprattutto a latitudini elevate), ma piuttosto di un Sar (Stable Auroral Red arc), un fenomeno provocato dalla compressione delle linee del campo magnetico terrestre, causato dalla stessa tempesta solare scatenata dalla AR 3664.
Schiacciandosi sotto la forza della tempesta, le fasce magnetiche hanno provocato il riscaldamento dell’ossigeno atmosferico e hanno colorato di sfumature di rosso, viola e rosa i nostri cieli, fino in Sicilia.
Uno spettacolo decisamente inusuale, che ha contribuito a (ri)accendere i riflettori sui fenomeni celesti, dato che l’eclisse totale di Sole dello scorso 8 aprile, di cui diamo conto con il racconto di viaggio di Cesare Guaita, è stata vista solo dall’altra parte dell’Oceano.
Non tutto è oro quello che luccica però: questa tempesta rischia di lasciare dietro di sé ingenti danni a numerosi satelliti in orbita e di far consumare più carburante agli aerei, costretti a seguire rotte più lontane dal Polo. Ma dovrebbe anche lasciarci un senso di impotenza e di moderata inquietudine. Forse, più che di un asteroide killer, faremmo bene a preoccuparci dei capricci della nostra stella. Che non è nuova a fenomeni tanto violenti. Invito a leggere con attenzione l’articolo di Giuseppe Bonacina sui cosiddetti “Miyake event”. Dell’aurora riparleremo certamente in un prossimo numero.
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