La “Stella di Barbenheimer”

è Esplosa miliardi di anni fa in un modo ritenuto impossibile

Molto tempo fa, l'esplosione della stella di Barbenheimer rilasciò un insolito mix di elementi chimici nelle nubi di gas vicine (a sinistra). Oggi possiamo guardare J0931+0038 per vedere quell'insolito mix di elementi e ricostruire la storia di questa stella (a destra). Crediti: Università di Chicago/Sdss-V/Melissa Weiss

Un nuovo highlight dell’astronomia, chiamato Stella di Barbenheimer, è stato scoperto nell’ambito del programma Sloan Digital Sky Survey (Sdss). Si tratta di un’enorme stella molto antica che è esplosa in un modo precedentemente ritenuto impossibile, dando vita a un insolito schema di ceneri elementari che ha lasciato dietro di sé una scia di prove ancora visibili miliardi di anni dopo.

La stella, in realtà, non è stata osservata direttamente in quanto non esiste più, ma è stata scoperta grazie alle tracce che ha lasciato dietro di sé, utilizzando un metodo di indagine che potremmo definire “archeologia stellare“.

Infatti, proprio come gli archeologi, gli astronomi hanno usato le prove trovate nel presente per ricostruire il passato, in particolare analizzando le stelle di oggi per ricostruire le condizioni dell’universo antico. Perché le stelle di oggi sono come capsule del tempo chimiche e conservano informazioni riguardo al tempo in cui esse sono nate e l’universo era più giovane.

L’autore della scoperta, Brownstein, è il responsabile dei dati per Sdss e gestisce il Science Archive Server (Sas), che memorizza i dati trasferiti nello Utah dai telescopi della survey all’Osservatorio di Apache Point in Nord America e all’Osservatorio di Las Campanas in Sud America.

Questi dati vengono poi “ridotti”, come si dice in gergo astronomico, ovvero elaborati per ottenere le informazioni contenute nelle migliaia di spettri acquisiti. Grazie a questo database è possibile a moltissimi ricercatori attingere ai dati grezzi in qualsiasi momento e lavorare tutti a stretto contatto. Condividendo e beneficiando delle idee e dei risultati degli altri.

A prima vista, le prove della stella chiamata J0931+0038, non erano degne di nota. Era una stella rossa brillante e lontana presente in un’immagine Sdss del lontano 1999. Ma vent’anni dopo, quando il telescopio Sdss l’ha inquadrata ancora una volta, utilizzando la tecnologia a colori che nel frattempo si era evoluta, è stato possibile osservarne lo spettro, che la ha resa decisamente interessante. Di solito, le stelle sono per lo più fatte di idrogeno ed elio, ma incorporano anche alcuni degli elementi più pesanti, creati nelle generazioni precedenti di stelle e rilasciate nell’universo dalle esplosioni di supernova.

Tali elementi si presentano come valli marcate all’interno dello spettro di una stella. Come graffi all’interno di un cappello. Lo spettro di J0931+0038 ha mostrato una quantità insolitamente bassa di magnesio. Inoltre, molte altre cose rendevano la stella diversa dalle altre come la bassa abbondanza di elementi con numeri dispari sulla Tavola periodica come il sodio e l’alluminio, la una grande quantità di elementi vicini al ferro nella tavola periodica come il nichel e lo zinco e una sovrabbondanza di elementi più pesanti come lo stronzio e il palladio.

Queste caratteristiche sono insolite perché non sono mai state osservate in una stella tutte assieme. Probabilmente la stella J0931+0038 si è formata dal resto di una supernova esplosa in passato: una supernova molto particolare.  È proprio quell’antica e strana stella di cui vediamo conservati i resti oggi e che gli astronomi hanno soprannominato la “Stella di Barbenheimer”.

Gli elementi che rimangono dopo l’esplosione di una supernova dipendono dalla massa e dalla composizione chimica della stella esplosa, ma anche dai dettagli di come è esplosa. Quello che è certo è che, qualunque cosa fosse la Stella di Barbenheimer, deve essere stata un mostro con una massa pari ad almeno 50 a 80 volte la massa del Sole.

Doveva essere stata così massiccia che gli astronomi sono sorpresi che fosse esplosa come supernova, in quanto la teoria preved1e che stelle così grandi dovessero collassare direttamente in buchi neri, senza neanche creare una supernova. Nessun modello esistente di formazione degli elementi può spiegare ciò che è stato osservato in questa stella perché è l’intero schema degli elementi al suo interno che non torna.

Ulteriori indagini che prevedono simulazioni più accurate per fare previsioni su ciò che è successo con le stelle nell’universo primordiale e più osservazioni dell’universo odierno contribuiranno a creare un quadro più completo della stella.

Come spesso accade, è l’Universo che dirige il film, e gli astronomi sono solo la troupe. L’importante è godersi il viaggio, in quanto nessuno sa come andrà a finire la storia.

Iscriviti alla newsletter

Email: accetto non accetto