Un debolissimo sistema satellite della Via Lattea

Una scoperta italiana che arricchisce il censo del Gruppo Locale di galassie

Il campo centrato alle coordinate RA 156.4399, DEC -0.6400, corrispondenti alla zona centrale di Sextans II. Riuscite a vedere la nuova galassia? (Nostra composizione con dati DESI LIS)

Il Gruppo Locale è un’associazione fisica di galassie che comprende la nostra Via Lattea, Andromeda, NGC 3109 e alcune galassie nane isolate. Dall’inizio di questo secolo, il numero dei membri è andato crescendo sino ai circa 200 attuali. Tuttavia, la gran parte dei membri del Gruppo è rappresentata da sistemi satellite delle galassie maggiori. La Via Lattea conta adesso, tra confermati e candidati, una settantina di satelliti. Andromeda (M31) ne conta 39, comprendendo anche Triangulum (M33) che, a sua volta, ne annovera due (Andromeda XXII e Pisces VII).

Galassie mancanti

Da questa graduatoria sembrerebbe che la Via Lattea detenga il primato, ma si tratta di un risultato che riflette le difficoltà di rilevamento condizionate dalla distanza. Stando ai modelli, infatti, M31 dovrebbe esibire non meno di 500 satelliti e la nostra Galassia non meno di 300. Dove sono tutti quelli che mancano all’appello?

Ci sono alcune possibili spiegazioni. Ad esempio i mezzi di osservazione attuali non permettono di registrare le galassie nane più deboli. Può anche essere che sotto certi limiti di massa non si formino più stelle, quindi intorno alle galassie maggiori aleggiano deboli aloni di gas neutro. Potrebbero essere sbagliati i modelli e le simulazioni ci restituiscono un numero molto maggiore di satelliti rispetto alla realtà. Più verosimilmente, la spiegazione è un insieme di concause e abbiamo indicazioni che forse operano meccanismi selettivi sia di tipo strumentale sia nei modelli di formazione.

Sempre più deboli

Tutte le galassie maggiori sono state ormai rivelate perciò le nuove scoperte rientrano nella classe delle galassie ultradeboli (UFD) se non, addirittura, nella recentissima categoria degli ammassi di alone. Questi oggetti sfuggono alla classificazione perché formati da poche decine di stelle confinate entro pochi parsec. A decretare che le UFD siano galassie è l’analisi del diagramma colore-magnitudine (CMD) che differisce da quello tipico degli ammassi globulari nonché le dimensioni, mediamente ben maggiori.

Scoprire questi oggetti è un compito davvero molto arduo perché il loro aspetto si discosta sensibilmente da quello di una galassia nana. Parliamo infatti di poche stelle ben mimetizzate nei campi stellari che non è improprio definire veri fantasmi. Le stelle che compongono tali sistemi sono inoltre quasi ai limiti di registrazione negli attuali sondaggi e spesso ben sotto la soglia del satellite astrometrico Gaia (mag 21). L’identificazione contempla quindi un insieme di metodi mediante l’utilizzo di algoritmi informatici e una certa abilità di riconoscimento nell’ispezione visiva.

Ricerca difficile

L’identificazione sta diventando un compito sempre più difficile e forse non sarà più agevole con l’avvento dei nuovi sondaggi profondi, come l’ormai prossimo Legacy Survey of Space and Time (LSST) al Vera Rubin Telescope di 8m. Potrebbe tuttavia accadere che, nonostante l’impiego di tali strumenti performanti, il numero di sistemi stellari satelliti della Via Lattea rimanga inferiore alle attese. Questo implicherebbe che la tensione nota come “problema dei satelliti mancanti” sia concreta e riconducibile o a meccanismi che inibiscono la formazione stellare, oppure al modello cosmologico standard Lambda-Cold Dark Matter che necessita di qualche aggiustamento.

Le ultime due possibilità sono più concrete di quanto si creda. I dati della Dark Energy Survey suggeriscono che non siano necessari aggiustamenti, quindi le previsioni delle simulazioni sarebbero sostanzialmente corrette. Possiamo escludere, almeno per ora, falle nel processo di formazione, perciò diventa verosimile che qualche meccanismo sconosciuto intervenga per inibire la formazione stellare sotto una certa soglia.

L’oggetto designato J0613+52 potrebbe essere la prima “galassia oscura” sinora identificata. I colori riflettono l’effetto Doppler dell’idrogeno neutro (blu in avvicinamento, rosso in allontanamento). (Dss2 POSS-II con illustrazioni aggiuntive di NSF/GBO/P.Vosteen)

Galassie oscure?

Di recente sono stati pubblicati alcuni studi che suggeriscono la realtà delle cosiddette galassie oscure (dark galaxy), cioè oggetti costituiti essenzialmente da gas idrogeno neutro (e forse materia oscura) senza alcuna evidenza di stelle nel loro interno. Un esempio è l’oggetto designato J0613+52, distante circa 270 milioni di anni luce, accidentalmente trovato dal Green Bank Telescope (GBT) per un errato puntamento. È possibile che un processo analogo agisca intorno alle galassie maggiori inibendo la formazione di sistemi satelliti sotto una certo potenziale gravitazionale? Se così fosse, dove si collocherebbe tale limite?

Forse siamo quasi a ridosso perché ormai facciamo davvero fatica a definire galassie UFD gli ultimi ritrovamenti nel sottogruppo della Via Lattea. A prescindere, non abbiamo nemmeno una definizione univoca di galassia e il numero minimo di stelle che possono comporla, quindi anche il buonsenso barcolla di fronte alle ultime aggiunte al censimento dei satelliti.

Il profilo di densità radiale e distribuzione delle stelle riconducibili a Sextans II. Il campo è circa quello dell’immagine di apertura. [Figura tratta da M. Gatto et al. 2024)]

Sextans II (KiDS-UFD-1)

In ordine di tempo, l’ultima è Sextans II (KiDS-UFD-1) scoperta da Massimiliano Gatto (INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte) e alla guida di un gruppo di studio internazionale in larga parte italiano. Il ritrovamento del candidato è stato annunciato in una lettera pubblicata su Astronomy & Astrophysics [681, L13 (2024)]. Possiamo provare a intuire la nuova galassia nel campo dell’immagine che pubblichiamo, ottenuta con dati DESI LIS. L’ellisse identifica la regione del suo nucleo ma le stelle che la compongono non sono quelle che facilmente vediamo perché sono della nostra Via Lattea. Le stelle di Sextans II sono molto più deboli e nell’immagine sono percepibili appena alcune deboli giganti rosse nella zona alta del CMD, utili per stabilire la distanza dell’oggetto. La maggior parte delle componenti si aggira intorno alla magnitudine 24.

Sextans II è stato trovato nel corso di una ricerca di sistemi stellari a bassa luminosità nell’alone della Via Lattea, mediante il sondaggio Kilo-Degree Survey (KiDS). L’obiettivo scientifico principale è la mappatura della distribuzione della materia nell’universo, ma come spesso accade, i dati sono di estremo interesse anche in altri ambiti. I dati KiDS sono infatti utili per lo studio della misteriosa energia oscura, la struttura degli aloni galattici, evoluzione di galassie e ammassi e flussi stellari. L’indagine è condotta con l’OmegaCAM, il mosaico di 32 CCD per un totale di 300 MP, capace di riprendere un intero grado quadrato nel fuoco Cassegrain del 2,6 m VST (VLT Survey Telescope) installato presso l’Osservatorio ESO di Cerro Paranal in Cile.

Mappa di densità da cui emerge la presenza dell’oggetto in un campo di un grado quadrato. La fotometria g-r permette invece di stimare la distanza e la metallicità della sorgente. [Figura tratta da M. Gatto et al. 2024)]

Oggetto vecchio e povero di metalli

L’ottima profondità dei dati ha permesso di ottenere una fotometria utile per determinare i principali parametri dell’oggetto. Dall’analisi emergono un’età intorno a 10 miliardi di anni e una bassa metallicità ([Fe/H] ≤ −1,5). Il CMD ha permesso inoltre di stabilirne la distanza in 145 kpc (473mila anni luce) e quella galattocentrica in 128,8 kpc (420mila anni luce).

Altrettanto, l’analisi strutturale permette di ricondurre Sextans II alla classe dei sistemi sferoidali nella regione bassa di luminosità, nel domino delle galassie nane ultradeboli (UFD). La magnitudine assoluta è -3,9, ben sotto il limite -7,7 che funge da demarcazione tra le galassie nane sferoidali (dSph) e le UFD.

Un globulare disperso?

Gli autori dello studio prendono in considerazione anche la possibilità che Sextans II possa essere un ammasso globulare molto disperso e in fase di disgregazione. La mappa di densità, tuttavia, porta a escludere tale possibilità, sia perché non c’è presenza di code mareali nella struttura sia per le dimensioni stimate in circa 1200 anni luce, vale a dire almeno cinque volte superiori a un tipico ammasso globulare.

Il responso definitivo potrà essere fornito da future indagini più profonde e alla spettroscopia, cosa comunque non facile per la debolezza delle stelle che compongono il sistema. Studi di cinematica potrebbero invece stabilire l’aliquota di materia oscura ritenuta necessaria per tenere insieme le stelle che compongono l’oggetto. Nuovi dati sulla metallicità e la presenza di materia oscura sono generalmente utilizzati per discriminare tra galassie nane e ammassi stellari.

Nella ricerca di nuove galassie locali si cimentano alcuni gruppi internazionali e anche l’analisi dei dati KiDS potrà fornire nuove scoperte.

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Informazioni su Giuseppe Donatiello 354 Articoli
Nato nel 1967, astrofilo da sempre. Interessato a tutti gli aspetti dell'astronomia, ha maturato una predilezione per il deep-sky, in particolare verso i temi riguardanti il Gruppo Locale e l'Universo Locale. Partecipa allo studio dei flussi stellari in galassie simili alla Via Lattea mediante tecniche di deep-imaging. Ha scoperto sei galassie nane vicine: Donatiello I (2016), Donatiello II, III e IV nel sistema di NGC 253 (2020), Pisces VII (2020) e Pegasus V (2021) nel sistema di M31. Astrofotografo e autore di centinaia di articoli, alcuni con revisione paritaria.