Tra gli oggetti celesti, un posto di primordine è senza dubbio occupato dalla Cometa di Halley, non solo per essere stata la prima a essere riconosciuta come periodica ma anche per il coinvolgimento emotivo che produce in occasione di ogni suo ritorno.
Le comete ricevono il nome dello scopritore o del sondaggio con cui sono state scoperte, ma l’Halley fa eccezione a questa regola. È così denominata in onore dell’astronomo Edmond Halley che non la scoprì, ma fu il primo, nel 1696, a intuirne la periodicità, notando la sorprendente somiglianza delle traiettorie seguite da alcune comete apparse nei secoli precedenti a intervalli di 76 anni.
All’epoca, le comete erano ancora oggetti misteriosi e bizzarri che comparivano all’improvviso e scomparivano dopo qualche settimana. Non era nemmeno chiaro se fossero fenomeni atmosferici oppure corpi celesti che passavano vicino al Sole lungo orbite molto ellittiche. In tale ipotesi, Halley pronosticò il ritorno per il 1758 senza però vivere abbastanza da assistervi ma, avendo centrato la previsione, quella fu chiamata Cometa di Halley.
La cometa per antonomasia
La 1P/Halley è infatti la prima nella lista di 472 comete periodiche e altre nuove se ne scoprono grazie ai moderni sondaggi. Ciononostante, la Halley mantiene intatto il suo fascino e gli storici sono stati in grado di trovare menzione dei suoi ritorni sino al 467 a.C., cioè per tutti i trenta passaggi documentati. Ogni ritorno scandisce lo scorrere del tempo con usi e costumi, spesso profondamente diversi tra un passaggio e l’altro.
Pur essendo la cometa per antonomasia, la Halley non sempre è stata un oggetto appariscente nei cieli. Ne sanno qualcosa quelli che c’erano nel 1986, quando l’osservazione non fu molto favorevole e rimase un oggetto alquanto debole. Nel precedente ritorno, quello del 1910, fu invece notevolmente più luminosa e alcuni anziani ne ricordavano nel 1986 la visione e le storie sorte sul suo conto.
Fatti curiosi
La previsione che tra il 18 e 19 maggio 1910 la Terra avrebbe attraversato la sua coda, scatenò l’isteria collettiva di un’imminente catastrofe per avvelenamento da cianogeno.Osservazioni spettroscopiche rilevarono la presenza di tale gas venefico nella chioma della cometa e alcuni giornalisti inventarono la contaminazione della nostra atmosfera con conseguente diffusa moria.
Oggi parleremmo di fake news virale, diffusa da giornale in giornale e di bocca in bocca. Cose che adesso ci fanno sorridere, ma stando a quello che circola sul social non facciamo fatica a ipotizzare che qualcosa del genere potrebbe ancora accadere. Basti pensare alle tante bufale circolate intorno alla pandemia.
Probabilmente, molti di quegli anziani non ricordavano realmente la Halley ma piuttosto la cosiddetta Grande Cometa del 1910, apparsa molto luminosa nei cieli settentrionali pochi mesi prima. La fama dell’Halley bastò a mettere in ombra quell’astro chiamato ben più spettacolare di cui a stento ne abbiamo memoria.
Un fenomeno di costume
Nonostante le circostanze di osservabilità non fossero delle migliori, la macchina pubblicitaria partì con congruo anticipo. La cometa era ovunque, non solo nelle riviste di astronomia e scientifiche. In libreria uscirono diversi libri, si stampavano magliette e poster, le aziende proponevano edizioni speciali dei loro strumenti. Un po’ ovunque si tenevano conferenze e tanto altro.
Molti astrofili colsero l’occasione per aggiornare la propria strumentazione o acquistare un nuovo telescopio. Probabilmente, un certo numero di persone si avvicinò all’astronomia sotto lo stimolo di quel merchandising. Tuttavia, non furono in tanti a poter dire di aver avvistato la cometa che, per buona parte dell’autunno, apparve come una nuvoletta tondeggiante al binocolo.
Il passaggio del 1986
Al suo ritorno, nel 1986, la Halley trovò una società ben diversa da quella che aveva lasciato 76 anni prima. C’erano state importanti conquiste scientifiche, debellate malattie, conquistata la Luna, non c’era ancora Internet, però c’era una flottiglia di sonde automatiche pronte ad avvicinarla.
Lanciata il 2 luglio 1985 da Kourou, la sonda Giotto dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), la notte tra il 13 e il 14 marzo 1986, raggiungeva con successo l’obiettivo di avvicinare il nucleo dell’Halley. Non era la prima sonda a volare nei pressi di un nucleo cometario, poiché, pochi mesi prima, la sonda della NASA ICE (ex ISEE 3) aveva visitato la cometa Gicobini-Zinner. ICE era una sonda riconvertita, nata per altri studi e lanciata nel 1978, ma non trasportava fotocamere. Il compito di riprendere immagini di un nucleo cometario spettò, così, a Giotto. Anche Giotto, comunque, era per molti versi una riconversione di un progetto perché derivava dal satellite di ricerca GEOS, sviluppato dalla British Aerospace, e grande quanto un frigorifero.
L’incontro fu seguito in TV con una lunga diretta, cui parteciparono alcuni astronomi. La curiosità fu tanta, però le immagini che arrivarono dalla Halley Muticolor Camera furono problematiche e poco nitide. Soltanto dopo, esaminandole con attenzione, si comprese che quelle macchie indistinte erano proprio il nucleo della cometa, scuro come la pece e da cui si dipartivano alcuni getti di gas.
Le prime immagini del nucleo
Benché poco note, le prime immagini non sono quelle di Giotto, bensì quelle prese dalla sonda URSS Vega 2, avvicinatasi il 6 marzo 1986. Le immagini di Vega 2, trattate adeguatamente, mostrano il nucleo ben più dettagliato rispetto alle migliori riprese di Giotto. Gli stessi sovietici avevano inviato verso la Halley anche un’altra sonda denominata Vega 1.
Anche a causa della Guerra Fredda, quelle foto sono filtrate molto tempo dopo l’incontro. In esse scorgiamo la sagoma oblunga del nucleo cometario, incredibilmente somigliante a quello della 67P visitato da Rosetta.
L’International Halley Watch
Già dall’estate 1985, astronomi e astrofili cominciarono a raccogliere immagini e dati per la International Halley Watch, la prima campagna osservativa internazionale Pro-Am. L’IHW nacque con l’obiettivo di raccogliere quante più informazioni possibili sulla cometa da lasciare in eredità alle generazioni future.
L’apparizione del 1986 fu alquanto deludente poiché nel momento di maggiore luminosità la Halley rimase molto bassa sopra l’orizzonte, rendendo di fatto impossibile l’osservazione intorno al perielio. Nell’altro emisfero la cometa fu più alta in cielo e per l’occasione furono organizzate varie spedizioni turistiche per osservare la cometa in condizioni migliori. Obiettivamente, dall’Italia fu osservabile solo la fase di pre-perielio con la cometa progressivamente più luminosa, sino a raggiungere la visibilità a occhio nudo verso metà dicembre 1985. A gennaio esibiva una bella coda ma immersa nella foschia prossima all’orizzonte ovest.
In tutto il mondo, gli astrofili che presero parte alla IHW furono una minoranza della popolazione. A fine campagna, nel 1990, al Jet Propulsion Laboratory, furono stampati appena 750 attestati di partecipazione con una piccola presenza italiana. Dopo tanti anni, conservo ancora ben incorniciato quell’attestato insieme a una busta con cui arrivavano i periodici bollettini sull’andamento delle operazioni.
La prima collaborazione Pro-Am
L’IHW ha prodotto decine di studi scientifici e il contributo degli astrofili è sempre stato rimarcato. La lista dei partecipanti è presente in alcuni archivi della Nasa e Università. Inoltre, l’IHW è considerato il primo esperimento riuscito di collaborazione Pro-Am e ha indicato la strada per iniziative simili negli anni seguenti.
Dopo il passaggio al perielio, la cometa si è allontanata dal Sole lungo un’orbita eccentrica sino all’afelio, cioè il punto più lontano dalla nostra stella. Ciononostante, almeno due volte l’anno torniamo a parlare di essa in occasione dei due sciami meteorici associati: le Eta Aquariidi di aprile-maggio e gli Orionidi di ottobre.
La Cometa di Halley all’afelio
In genere parliamo di comete quando esse sono prossime al perielio, più luminose e talvolta spettacolari. Raramente parliamo dell’afelio di una cometa ordinaria perché spesso è una data non precisata nel futuro anche di migliaia di anni. Nel caso della Halley sappiamo invece non solo la data ma anche l’ora con buona approssimazione.
In occasione del precedente afelio della Halley, il Sistema Solare annoverava nove pianeti e 29 lune, cioè un decimo di quelle che adesso conosciamo. Il numero di asteroidi ammontava a soli 1.500 ed erano catalogate poche decine di comete. Oggi conosciamo oltre 1,3 milioni di asteroidi e circa 4.000 comete. Gran parte della tecnologia che usiamo era ancora da venire o era nelle forme embrionali.
Anche la visione stessa delle comete è completamente cambiata da allora, passando dalla “palle di neve sporca” a oggetti con una crosta più solida e l’emissione di gas e polveri localizzata in aree circoscritte in forma di getti.
Un nuovo ritorno
Il precedente afelio ci fu il 22 febbraio 1948, mentre quello che darà il via al 31° passaggio è atteso intorno all’1:00 UT del 9 dicembre 2023. A un certo punto, la velocità orbitale del nucleo toccherà i 0,910 km/s (quella minima rispetto al Sole) per poi cominciare ad accelerare. Al contempo la distanza dal Sole inizia a ridursi, dando il via a una nuova caduta verso il Sole.
Un ipotetico osservatore sulla superficie del nucleo, vedrebbe il Sole di magnitudine -19, cioè 250 volte più della Luna Piena. Oltre l’orbita di Nettuno, a 35,143 AU, la nostra stella è una sorgente non abbagliante, non in grado di scaldare significativamente anche un corpo nero di circa 13x7x9 Km.
In quel momento la cometa è alle coordinate AR: 08h 22m 17.4s Dec: 2° 11′ 44.4″ con magnitudine visuale 25,56 nella costellazione dell’Idra.
Un’immagine storica?
In occasione del precedente perielio, una magnitudine simile era proibitiva anche per i più grandi telescopi. Adesso è invece raggiungibile, con adeguata esposizione, mediante strumenti di almeno 4 metri e ancor meglio dallo spazio. Una tale immagine, meglio se ripetuta con regolarità nei prossimi anni, sarebbe qualcosa di estremamente interessante sia sul fronte storico sia scientifico poiché non ci sono foto di comete all’afelio oltre l’orbita di Nettuno. Non sono in programma osservazioni ufficiali.
Tabella di marcia verso il perielio
La tabella di marcia della Halley prevede il raggiungimento dell’orbita di Nettuno il 5 luglio 2041; quella di Urano il 12 maggio 2053; sarà all’altezza di Saturno il 3 dicembre 2058; di Giove il 26 giugno 2060. Accelerando sempre più, raggiungerà l’orbita di Marte il 16 maggio 2061, quella della Terra il 19 giugno e infine il perielio il 28 luglio dello stesso anno a 0,5928 UA dal Sole.
Il perigeo ci sarà il 29 luglio 2061 a 0,4774 UA e si prevede con magnitudini visuali negative, regalando un ottimo spettacolo nell’emisfero settentrionale. Se ci sarà ancora un cielo stellato da osservare. L’afelio futuro è previsto per il 21 novembre 2097.