Fast radio burst: un mistero che continua

Rappresentazione artistica del telescopio Chime, utilizzato dai ricercatori della collaborazione Chime/Frb per rilevare lampi di onde radio noti come Fast Radio Bursts.

Una notte stellata del 2001, osservando dal radiotelescopio di Parkes le Nubi di Magellano, venne registrato un fenomeno mai visto prima. Tanto insolito che nessuno se ne accorse fino a sei anni dopo, quando David Narkevic individuò, fra la messe di dati raccolta in quella sera, uno strano segnale. Era differente dagli altri e molto veloce (soli 5 millisecondi) ma con una intensità estremamente alta. Inoltre, era superiore di 100 volte rispetto al rumore di fondo cosmico e pari a 10 milioni di trilioni di trilioni di Joule in potenza.

Sebbene ancora non si sapesse la vera sorgente da cui esso era stato emesso, si pose il problema di capire se esso venisse o meno da una regione all’interno della Via Lattea. Noto oggi come lampo di Lorimer dal nome del capo progetto grazie al quale il lampo fu ripreso, questa fu la prima osservazione di un Fast Radio Burst.

Si definisce Fast Radio Burst (FRB) o “lampo radio veloce”, un velocissimo fenomeno astrofisico transiente ed altamente energetico della durata di pochi millisecondi ed osservato nella banda radio. L’enorme temperatura di brillanza, che ne descrive l’emissione ed è collegata alla energia sprigionata, implica che il segnale di partenza debba avere un’alta coerenza spaziale. Più in generale, quest’ultima è la capacità di un’onda elettromagnetica di mantenere una relazione di fase costante con se stessa durante la sua propagazione. Per esempio, un laser ha una coerenza molto più alta rispetto ad una classica lampadina e può dar origine a fenomeni di interferenza luminosa.

Oggi, un team di astronomi della collaborazione canadese Chime/Frb e di ricercatori dell’Università di Toronto hanno raddoppiato il numero di Frb conosciuti, scoprendo 25 nuove fonti ripetute. Questa scoperta ha consolidato l’idea che tutti gli Frb potrebbero eventualmente ripetersi. Infatti, la maggior parte delle migliaia di Frb che gli astronomi avevano scoperto fino ad oggi erano stati visti esplodere solo una volta, ma c’è un piccolo sottoinsieme che è stato visto esplodere più volte.

Essi potrebbero avere caratteristiche diverse, come la durata delle esplosioni che producono e la gamma di frequenze emesse. Ciò ha portato al consenso sul fatto che esistono probabilmente due categorie distinte di Frb: ripetitori e una tantum. Molti Frb ripetuti sono sorprendentemente inattivi, producendo meno di un lampo a settimana. E’ possibile dunque che molti Frb apparentemente una tantum non siano ancora stati osservati abbastanza a lungo da rilevare una seconda esplosione dalla sorgente.

Ma da cosa sono originati?

L’origine degli Frb è sempre stata una questione molto controversa. Inizialmente, dal momento che all’interno delle galassie ellittiche vi sono stelle rosse molto vecchie, materiale interstellare e resti di stelle di neutroni e di buchi neri, si pensò che gli Frb fossero dovuti alla collisione di tali oggetti o addirittura a merging di oggetti molto massicci.

Nel 2015 nacque una teoria che vedeva gli Frb essere generati dal decadimento esplosivo di agglomerati di assioni o dalle interazioni fra il plasma dell’universo primordiale e le stringhe cosmiche. Queste ultime sono difetti topologici monodimensionali ipoteticamente formatisi durante la fase di rottura della simmetria di fase ai primordi dell’universo.

Ad oggi una delle ipotesi più accreditate è strettamente collegata alla polarizzazione del segnale. Un segnale polarizzato e altamente energetico dovrebbe, secondo la teoria, provenire da una stretta regione di spazio ad alta concentrazione magnetica. Per esempio, una stella di neutroni immersa in una nebulosa molto energetica prodotta dal collasso di una stella molto massiva.

Altre ipotesi negli anni hanno associato l’emissione radio degli Frb al fenomeno dei Gamma Ray Bursts, esplosioni estremamente energetiche nella banda gamma provenienti da galassie distanti. Queste ultime sono associate ai fenomeni di formazione stellare ed al collasso di supernove. Ancora, altre possibili sorgenti sono state ipotizzate essere britzar, pulsar collassate in un buco nero che espellono la loro magnetosfera.

Ma l’ipotesi più accreditata è che provengano dal materiale espulso nelle ultime fasi di vita delle stelle. Grazie a radiotelescopi come il Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment (Chime), il numero di Frb rilevati è dunque cresciuto da meno di cento ad alcune migliaia negli ultimi anni, permettendo di studiarli in dettaglio e capire gli ambienti in cui si verificano queste esplosioni in modo da comprendere meglio le fasi finali della vita di una stella e comprendere saperne di più sul materiale che viene espulso prima e durante la scomparsa di una stella, che viene poi restituito alle galassie in cui si manifestano gli Frb.

Per il numero 40 di giugno 2023 di Cosmo è in preparazione un articolo dedicato ai Fast Radio Burst,

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